Lo spettacolo narra della lotta per la sopravvivenza di due fratelli gemelli durante la seconda guerra mondiale. Affidati alla nonna, una vecchia selvatica e sola che tutti chiamano la Strega, i due bambini imparano a loro spese la dura scuola della vita, quando si è dalla parte dei più deboli.
La miseria, il lavoro massacrante della terra e l’eco sordo della guerra che passa vicino con i suoi treni carichi di vite già morte, con le sue assurdità cieche, fanno da sfondo a questo racconto iniziatico, dove infine, la solidarietà e l’amicizia avranno la meglio.
La poesia delle immagini e la maestria degli attori che usano con sapienza i mezzi vecchi e nuovi del teatro – maschere, marionette, oggetti e antichi trucchi della scatola nera – coinvolgono il pubblico in questa storia bella e commovente.
The tragedy of man
Lo spettacolo è una frenetica cavalcata attraverso la storia, o meglio la tragedia dell’umanità, dalla Genesi all’era multimediale, condotta con disinvoltura e disincanto dalla scatenata compagnia ungherese Moving House.
Adamo ed Eva, quali prototipi e genitori dell’umanità, assistono sotto lo sguardo deformato di Lucifero, all’allucinante susseguirsi dei piccoli e grandi drammi della storia, dalle patetiche corse alla sapienza e al potere che compongono questo battito di ali che è la storia umana.
Cadute d’imperi, egizi o romani, crociate, guerre di religioni, rivoluzioni, lotte di classeo appelli dalla Luna… Tutto passa sopra e sotto il lunghissimo tavolo che compone la scena di The tragedy of man.
L’energia travolgente dei virtuosi attori di Moving House, capaci di destreggiarsi, grazie all’abile regia di Laszlo Hudi, nel dedalo di personaggi e vicende di questo testo-fiume della letteratura classica ungherese, avvince e affascina come un terribile sogno dal quale non si riesce a svegliarsi.
regia laszlo hudi
drammaturgia e interpretazione julia barsony, krisztina birtalan, adrien deli, reka gevai, andras lang, isabelle le, zsolt moninger, erika pereszleny, elzbieta sulyko, ivan tabeira, balazs vajna
scene e luci gyorgy arvai
costumi gabriella simon
direttore tecnico attila szirtes
video eszter poroszlai
missaggio musicale in diretta da balasz barna
accessori janka haraszti
The cherry orchard
Il corrosivo regista ungherese, Lazslo Hudi, scarnifica la storia e Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov fino a riscoprirne la struggente umanità. Lo spettacolo si apre sulla scena finale della partenza. I personaggi si aggirano nudi fra valigie ammonticchiate. Come sulla loro fragile vita si è abbattuta l’ascia di un destino avverso, così loro stessi abbattono asce su rami di ciliegio, con un gesto lento e rituale.
Il tempo scivola sul fondo del piccolo teatrino in una successione di foto ingiallite. Il frastuono del trenoinvade e travolge questa piccola scatola nera da dove sorgono i fantasmi del passato, le angosce per un mondo futuro, incomprensibile e minaccioso.
Botole, come vortici che risucchiano le memorie, casse di legno come bare che non si riesce a chiudere… questo Giardino dei ciliegi di Moving House è, nella sua disperata lucidità, una versione fedelissima dell’essenza del testo cechoviano.
regia laszlo hudi
drammaturgia e interpretazione julia barsony, krisztina birtalan, adrien deli, reka gevai, zsolt moninger, fruzsina nagy, erika pereszleny, elzbieta sulyko, ivan tabeira, balazs vajna
musiche originali simon gevai
scene e disegno luci gyorgy arvai
suono balazs barna
luci attila szirtes
video balazs vajna
foto haldey kincade
Non sentire il male
Un’attrice di rilievo del teatro contemporaneo, Elena Bucci, apre un dielogo intimo e avvolgente con un’attrice mitica del teatro italiano di sempre, Eleonora Duse.
Di luogo in luogo, variando di volta in volta gli spazi e le possibili relazioni con il pubblico, Elena Bucci si inoltra in un appassionante e personalissimo lavoro sulla propria esistenza d’attrice e di donna, come un filo rosso da dipanare per molti anni attraverso le vicissitudini della vita.
di e con elena bucci
consulenza storica claudio meldolesi, laura mariani
scene e chitarra carluccio rossi
luci loredana oddone
suono nico carrieri
assistenza e organizzazione licia castellari, morena cecchetti, gaetano colella
Duel
Divertente e nostalgico allo stesso tempo, Duel indaga il difficile rapporto di un uomo e una donna, dove diversità linguistica e natura competitiva annullano ogni tentativo di equilibrio.
Protein Dance desidera produrre una danza-teatro divertente, accessibile, con personaggi che possano trascinare il pubblico.
Gettando uno sguardo ironico sulle relazioni umane e la potenziale assurdità della vita quotidiana, Protein Dance utilizza una propria miscellanea di movimenti, humour, mosaici di linguaggi estranei per dar vita a coreografie accattivanti e sorprendenti.
coreografato e interpretato da luca silvestrini e bettina strickler
musiche cole porter, BBC italian master, steiner, lai/barouh/keller
luci claire malleson
suono tony patman
costumi protein dance
direttore tecnico claire malleson
Creola
Una serata d’eccezione, orchestrata da Luca Silvestrini e Bettina Strickler della compagnia di danza contemporanea Protein Dance e la partecipazione di un gruppo di persone di tutte le età amanti del ballo, per rievocare le atmosfere delle balere popolari dove danzare è un divertimento accessibile a tutti, libero e gioioso.
Più che la perfezione nell’esecuzione dei passi, importa qui il valore che il ballo ha e ha avuto nelle vite delle persone. I ricordi di gioventù, quando il finire della guerra aveva lasciato poco da vivere materialmente, ma tanto da vivere con il cuore e la fantasia, il momento fatale dell’incontro allorchè lui ha chiesto a lei di concedergli quella danza, il volto di quel bel soldato inglese perduto nelle campagne che suonava e ballava così bene…
Sono questi i materiali vissuti dai quali Luca Slvestrini e Bettina Strickler attingono per comporre uno spettacolo di sicura impronta contemporanea.
Una serata dedicata a tutte le Creole, giovani o anziane, che tanto hanno fatto e continuano a far sospirare.
ideazione e messa in scena luca silvestrini e bettina strickler
luci claire malleson
Etant donée la conjoncture actuelle
Sette danzatori hip-hop si prendono allegramente gioco della business world jungle con i suoi tic maniacali, i suoi codici, le sue regole comportamentali.
Utilizzando l’impertinente gagliardia e l’agilità dell’hip-hop, danza prettamente urbana, Etant donée la conjoncture actuelle fa lo sgambetto alla frenesia indaffarata ed alienante delle metropoli per riscoprirne il lato umano e poetico.
sotto la guida della coreografa Laura Scozzi, italiana immigrata in Francia, ma che nulla ha perduto dello sguardo ironico e giocoso delle sue origini, il gruppo diventa una formidabile orchestra nella quale la tecnica hip hop viene sublimata da una messa in scena teatrale raffinata e precisa. Un’istantanea guizzante ed esilarante della società urbana contemporanea e delle sue nevrosi.
coreografia laura scozzi
con zouheir bak, daniel bemba, djeguè cissoko, françois kaleka, T-Shou, guy sembé, meliane sulmona
luci catherine verheyde
costumi bruno jouvet
S.O.Y.
S.O.Y. si nutre del gusto per le terre remote e le radici multietniche che Kubilaï Khan Investigation intreccia in un laboratorio permanente di ricerca sulla natura umana e sul mondo. S.O.Y. significa infatti, nella lingua dogon del Mali, “tessere, stoffa”. Nello spazio “tessuto” dalle mille trame culturali di Kubilaï Khan Investigation, i corpi, le voci, le sonorità s’incontrano per sviluppare nuove potenzialità, secondo quella curiosità vivacissima che caratterizza l’odierna scena della creatività giovanile cosmopolita.
direzione artistica frank micheletti
con takumi fukushima, chiharu mamiya, cynthia phung-ngoc, dimitri jourde, laurent letourneur, frank micheletti, rui owada, vladimir vaclavek
luci ivan mathis
tecnica pierre vigna, remi combret
produttore esecutivo – distribuzione marion feldman
amministrazione nathalie richard
Sturmwetter prépare l’an d’Emil
Parigi, grande metropoli, ville lumiére, ma da qualche parte nell’ombra vivono Emil Sturmwetter e sua moglie Martha Beitfrei.
Una vita di coppia perfettamente normale e anonima finché un giorno viene scoperto il cadavere di Martha disteso nel salone dell’appartamento. E qui inizia la saga di Emil, un giallo complicato, un intreccio paradossale pieno di trovate umoristiche e colpi di scena.
regia, coreografia e musica marco berrettini, chiara gallerani, manu coursin, antoine lengo
con marco berrettini, chiara gallerani
luci bruno faucher
Tammorra
Tammorra è la prima tappa del viaggio catartico intrapreso da Adriana Borriello. È un’immersione totale nelle tradizioni popolari del Sud italiano, nei suoni, nelle danze, negli odori, nei colori del Sud, è uno spettacolo che esplora gli aspetti contemporanei della tradizione popolare in quanto ripropone le antiche radici mediterranee della danza reinterpretandole e filtrandole attraverso una sensibilità contemporanea. Lo sguardo della coreografa è empatico, ma anche rigoroso, quasi filologico, motivato dalla necessità di arrivare al cuore della memoria ancestrale, i cui segni sono iscritti nel patrimonio culturale delle generazioni.
Il cerchio magico della Tammorra rovescia i significati e i rapporti, il ritmo d’un cerchio sonoro pulsa ed incatena, la danza entra nel labirinto per esplorare la triade morte-sesso-madre.
Nel lavoro di Adriana Borriello è strettissimo il rapporto tra musica e danza. Il suo lavoro è strutturato come una partitura di gesto, suono e voce in cui convivono suggestioni rituali, antiche sonorità mediterranee e sapienza compositiva.