Come rivivere la spensieratezza dell’infanzia? Come ritrovare quella leggerezza che si perde diventando adulti? Andrea al centro della scena indaga, come uno scienziato, sulle possibilità del volo di un semplice aeroplanino di carta. Un oggetto fragile, con il quale scopre la possibilità di un dialogo, di uno scambio: ne indaga a fondo le potenzialità, lo addomestica giorno dopo giorno. Nasce una sorta di dipendenza, un desiderio di vivere allo stesso modo, nel breve intervallo tra la partenza e l’atterraggio, in quel momento di fragile sospensione che è come il tempo che si ferma…un respiro trattenuto…
di e con Andrea Castiglia – mentoring Claudia Dias, John Ashford progetto sviluppato nel’ ambito di IFA INTEATROFestival Academy 2014
Un ritratto ironico e inquieto del rapporto tra noi stessi, il lavoro, la società, attraverso il linguaggio ibrido tra cinema e teatro che caratterizza tutti i lavori di 7-8 chili.
Da mero mezzo di soddisfazione di bisogni materiali, il lavoro è passato a essere, negli ultimi anni, elemento d’identificazione psicologica e sociale. Cosa succede quando tutto questo viene a mancare? Job non dà risposte, insinua dubbi e restituisce la descrizione di un cambiamento sociale e culturale in cui l’identità umana assume sempre più un carattere indefinito.
progetto a cura di 7-8 chili ideazione e regia Davide Calvaresi scritto e interpretato da Davide Calvaresi, Valeria Colonnella, Giulia Capriotti disegno luci Franco Mastropasqua produzione Marche Teatro – Teatro stabile pubblico
Una riflessione sul rapporto tra l’interiore e l’esteriore, tra la nostra essenza e ciò che ci circonda, tra i nostri organi e i nostri prodotti, che nasce da un senso di inquietudine e inadeguatezza. Sputi è una critica appassionata e naïf sul consumismo che regna sovrano nel mondo occidentale e sul monopolio delle multinazionali. Attraverso il suo corpo e l’utilizzo di differenti mezzi espressivi – alchimie di gesti, colori, parole, spot pubblicitari, musica e movimento – la performer si rivolge diretta al pubblico e denuncia, finalmente, nomi, numeri e perfino ingredienti di ciò che ci sta ormai definendo la nostra identità.
ideazione e performance Virginia Scudeletti mentoring Claudia Dias, Francesca Lattuada, John Ashford progetto sviluppato nel’ ambito di IFA INTEATROFestival Academy 2014
Una cornice vuota, un corpo maschile, un corpo femminile e un insieme di piccole azioni quotidiane strappate alla realtà e inserite in un contesto etereo, privato dello scorrere diacronico del tempo e della sua voracità. All dressed up with nowhere to go, prima opera coreografica di Giorgia Nardin, è un lavoro sospeso tra ambiguità e trasformazione che prende spunto dai momenti di passaggio che attraversano ogni vita. Essere ben vestiti senza sapere dove si andrà: distruggere la linearità del tempo, l’idea di un inizio e una fine. I corpi degli interpreti stanno in scena pregni di materia, consumati da un sentire “politico” che li attraversa tutti dalla testa ai piedi e che implode in un baricentro nascosto allo sguardo, nella lentezza del movimento, nella nudità, in una imposizione – rassicurante quanto crudele – di realtà (Matteo Antonaci).
di Giorgia Nardin con Marco D’Agostin, Sara Leghissa processo di ricerca Amy Bell, Marco D’Agostin, Sara Leghissa, Giorgia Nardin editing musicale e ambienti sonori Luca Scapellato – disegno luci Matteo Fantoni – costumi Edda Binotto Lavoro vincitore del Premio Prospettiva Danza 2013 Sviluppato come parte di ChoreoRoam Europe 2012 CSC/Centro per la Scena Contemporanea Bassano del Grappa (Vicenza), The Place (London), Dansateliers (Rotterdam), Paso a 2/Certamen Coreografico (Madrid), Dance Week Festival (Zagreb) Sviluppato come parte di B Project 2013 Jheronimus Bosch 500 Foundation (‘s-Hertogenbosch), CSC/Centro per la Scena Contemporanea (Bassano del Grappa), Dance Umbrella (London), D.ID Dance Identity (Pinkafeld), La Briqueterie-Centre de développement chorégraphique du Val de Marne (Paris), Dansateliers (Rotterdam) Con il sostegno di CSC/Centro per la Scena Contemporanea – Bassano del Grappa, Graner/Mercat de les Flors – Barcelona, La Piccionaia/I Carrara/Teatro Villa dei Leoni – Mira, La Conigliera – Resana, INTEATRO Residenze – Polverigi, Teatro Fondamenta Nuove – Venezia, Associazione Culturale Arearea – Udine, Associazione Culturale VAN
Dare amore e felicità agli altri, o semplicemente alleviare le loro sofferenze, può rivelarsi impossibile se nemmeno s’immagina che gli altri ne hanno bisogno. Una storia che pone gli adulti che siamo di fronte agli adolescenti che eravamo; coloro che parlano di fronte a coloro che sognano. Ispirato a una favola di R. L. Stevenson, La casa di Eld non è un semplice spettacolo ma, come tutti i lavori di Oscar Gómez Mata, un atto di scambio pubblico creato con il coinvolgimento di bambini e ragazzi del territorio, che agiscono in scena accanto agli attori. Uno spettacolo tanto luminoso e gioioso quanto oscuro e misterioso, come l’ambigua atmosfera originale della favola.
Vecchio è l’albero e buono il frutto, Molto vecchio e fitto il bosco. Boscaiolo, è grande il tuo coraggio? Attento! la radice avvolge Il cuore di tua madre, le ossa di tuo padre; E come la mandragola se la strappi geme
ideazione, scrittura, regia Oscar Gómez Mata con Jean-Luc Farquet, Esperanza López, Roberto Molo e Maria Vittoria Busilacchi, Cecilia Carsughi, Malcolm Castaneda, Denise Cesaretti, Veronica Concettoni, Carlo Defendi, Marzia Deodato, Filippo Alberto Fanesi, Mattia Guidi, Maria Chiara Lattanzi, Ester Gambini, Daniele Moresi, Ludovico Paladini, Atena Pierpaoli, Lorenzo Rozzi, Ines Solustri, Ambra Tiberi assistente alla regia Bastien Semenzato – scenografia Sylvie Kleiber – accessori Hervé Jabveneau – realizzazione maschere Isabelle Matter responsabile tecnico e luci Roberto Cafaggini composizione musicale e creazione del suono Andrés García – creazione video Nico Baixas – regia suono Christophe Bollondi – costumi Isa Boucharlat assistita da Karine Dubois responsabile di produzione e amministrazione Barbara Giongo – diffusione internazionale Miguel Acebes coproduzione Compagnia L’Alakran, St-Gervais Genève Le Théâtre e Bonlieu – Scène nationale d’Annecy (Progetto PACT, in FEDER/INTERREG IV), TLH – Sierre, Arsenic – Lausanne, L’Hexagone-Scène nationale de Meylan, Théâtre Benno Besson – Yverdon-les-Bains con il sostegno di Label + Théâtre Romand
La compagnia L’Alakran gode di una Convenzione di sostegno congiunto tra la Repubblica e Cantone di Ginevra, la Città di Ginevra e Pro Helvetia – Fondazione svizzera per la Cultura La tournée 2014 riceve l’aiuto della CORODIS (Commission Romande de Diffusion des Spectacles) e della Loterie Romande
Una passeggiata collettiva, un lavoro site specific appositamente creato per le vie e i luoghi di Polverigi, (re)inventati in maniera poetica e visionaria da Mapped Productions – collettivo di artisti emergenti nato nell’ambito del Master “Performance Design and Practice” del CSM College of Art & Design.Liberamente ispirato a “Il giardino dei ciliegi” di Checkov, NaCl (salt) tenta di catturare un istante: il momento esatto in cui un mondo si sgretola e ne emerge uno nuovo. La scomparsa del vecchio mondo, dettata dallo sviluppo economico del territorio, è inevitabile e presumibilmente necessaria; ma il nuovo sarà adatto a noi? E incoraggiando pieni di speranza la nuova era, non rischiamo forse di distruggere e di perdere ciò che abbiamo sempre ritenuto importante?
Uno spettacolo che trasforma lo spazio pubblico in scena diffusa, coinvolgendo e sorprendendo gli spettatori.
di e con Mette Sterre, Matilde Marangoni, Dorothy Melander-Dayton, Marco Turcich, Hyesung Baek, Saemi Moon, Mahana Delacour, Claire Blake, Dalia Yassine, Iddo Greungard, Kat Leung, Carolyn Defrin, Rachel Upson, Emi Tse, Anne Sorya-Fritte con il supporto e il patrocinio del Central St. Martins College of Art & Design progetto sviluppato nell’ambito di INTEATRO Residenze – Polverigi
L’ultima azione: assaporare il cibo preferito celebrando così la vita un’ultima volta o lasciare un cruciale messaggio ai posteri? Questo l’inquietante dilemma a cui risponde The Last Supper, intrigante performance scritta e diretta da Mole Wetherell ripensata e riallestita per il pubblico italiano. Uno spettacolo in cui gli spettatori sono invitati a cena mentre tre attori, nel ruolo di padroni di casa, narrano le storie e le ultime parole di personaggi famosi e non, criminali, vittime ed eroi del passato e del presente, da Beethoven a Che Guevara, da Maria Antonietta a Copernico, dai condannati nel braccio della morte alle vittime di Hiroshima. Storie curiose, a volte accennate o suggerite in altri casi ricostruite nel dettaglio. Un intelligente mix di umorismo e intensità emotiva.
Come in tutte le migliori cene, i posti sono limitati e la prenotazione è altamente raccomandata.
scritto e diretto da Mole Wetherell con Sara Allevi, Teodoro Bonci del Bene, Matteo Lanfranchi produzione Marche Teatro – teatro stabile pubblico / Reckless Sleepers
Cinque sedie, cinque donne, cinque seghe. A String Section è un’originale performance nella quale i residui prodotti dall’azione – le mezze sedie rotte, la segatura a terra – risultano importanti quanto l’azione stessa. Lo stridere del metallo sul legno crea una partitura sonora che guida e sostiene le cinque danzatrici nel loro compito inesorabile, in bilico costante tra autodistruzione e autoconservazione. Simili, ma differenti ognuna dalle altre, sono accumunate dallo stesso sguardo: fiero, farsesco e sensuale, puntato sul pubblico come una domanda.
coreografia Leen Dewilde drammaturgia Mole Wetherell con Caroline D’Haese, Lisa Kendall, Orla Shine, Rachel Rimmer, Leen Dewilde produzione Reckless Sleepers
Una piccola storia, ultimo lavoro firmato dal regista Lino Terra, è un grande racconto per bambini a partire dai tre anni che mira a far riflettere anche gli adulti. Il ritmo dello spettacolo è scandito grazie ad alcuni meccanismi tipici delle filastrocche e dei racconti per l’infanzia come l’associazione di idee, di immagini e di rime giocose più o meno logiche.
testi, struttura scenica e figure animate Teatro del Canguro regia Lino Terra produzione Marche Teatro – teatro stabile pubblico
La coreografa polacco-canadese Ula Sickle indaga, nei suoi lavori, connessioni e gli scambi possibili in un contesto globalizzato, siano questi di ordine culturale che commerciale. Partendo da un approccio formale e coreografico, in Kinshasa Electric osserva e evidenzia le frontiere sfuocate tra l’Occidente e l’Africa, tra la cultura popolare e la cultura colta, tra l’arte e il commercio, l’autenticità e l’opportunismo.
In scena, tre danzatori provenienti da Kinshasa e una dj esplorano le danze più popolari del momento, utilizzando il palcoscenico come uno spazio dove presentare, liberare e reinventare le loro visioni del presente e del futuro.
idea e regia Ula Sickle creazione, performance, stile Popaul Amisi, Daniela Bershan, Jeannot Kumbonyeki Deba, Joel Makabi Tenda musica & live sound Baba Electronica (Daniela Bershan) scenografia Ula Sickle, Daniela Bershan disegno luci Ula Sickle, Gwen Laroche drammaturgia Sébastien Hendrickx tecnico Gwen Laroche produzione esecutiva Caravan Production (Brussel) assistente di produzione Kinshasa Dada Kahindo Siku