Lo spettacolo è stato creato nelle townships di Johannesburg, tra East Rand, Alexandra e Soweto dove le comunità nere, meticce e indiane della capitale sudafricana tentano di ricostruire la propria identità culturale e sociale. L’avventura del coreografo francese è iniziata dall’incontro con gli artisti locali danzatori, attori, musicisti e dalla volontà di dare voce alle loro esperienze umane ed artistiche.
Il risultato è uno spettacolo perfettamente riuscito, di rara intensità, costruito su una moltitudine di immagini e di emozioni, su una strana alchimia di situazioni ed ambienti fra fili spinati, spari, alberghi di lusso, tamburi zulu, risate di bambino, sirene di polizia, notti di deriva.
Flash di vita danzata che passano dalla gravità alla leggerezza.
Danza superba intersecata di parole e suoni che si alterna a gesti impuri, movimenti irregolari, magnifici voli, figure scultoree e movimenti frenetici.
Dentro e fuori
Dentro e fuori nasce da un libro oggetto realizzato in copia unica da Francesca Amat. Nella performance tutte le figure pittoriche escono dai fogli del libro e vivono nell’interpretazione della danza.
coreografia caterina fantoni
quadri e sculture francesca amat
musiche giovanni mancuso
testo tratto da ottava elegia di r.m. rilke
pianoforte giovanni mancuso
flauti cecilia vendrasco
voce recitante carolina baggi
sound designer stefano scarani
riproduzioni fotografiche luigi ferreri, simone sanchioni
Break my heart
Dentro di noi l’amore può percorrere le strade più impensate. I vincoli che tengono due persone unite sono condizionati dall’esterno, ma le ragioni più salde sono profonde e non rispondono a nessuna logica razionale. Così la breve storia raccontata da Wesker riesci a portare alla luce una relazione violenta e incomprensibile, che la ragione condanna, ma quel senso dell’amore più profondo comprende e con-patisce.
Maeve e Micheal sono i personaggi della vicenda. Vivono nella periferia di una cittadina industriale del Galles. Lui lavora come assemblatore in una ditta che produce lavorati in legno. Lei lavora in casa. Vivono in una casa popolare. Lei ha ricavato un piccolo studio nel sottotetto. La narrazione va direttamente dentro i momenti più forti, senza preamboli. Questo spiega la brevità e la completezza della scrittura.
di arnold wesker
traduzione e regia pietro bontempo
scene francesco ghisu
costumi gabriella lurenzi
aiuto regia paolo migneco
interpreti elgiana popova, vanni fois
Jérôme Bel
Jérôme Bel è diventato uno spettacolo di culto e il suo autore un vero caso della danza contemporanea. Bel osa l’azzeramento di tutto ciò che è dato per acquisito in uno spettacolo radicale e poetico. Nel titolo è già dichiarata la volontà dell’autore di non nascondere il proprio pensiero e la propria singolarità dietro alcuna metafora. Bel risponde all’inflazione di effetti scenici con una totale spoliazione di mezzi che rimanda ai corpi nudi dei danzatori. Un atto estetico ed al tempo stesso politico di autenticità e di ricerca forse impossibile di verità del corpo.
coreografie Jérôme Bel
con claire haenni, yseult roch, gisele tremey, eric affergan, frederic seguette
Physis
La passione, l’energia vitale, il fuoco del vulcano, il vento e la forza della leggerezza dell’aria, la fluidità e la tremenda potenza dell’acqua, l’universo dei rumori e della voce, il ritmo che è della terra. Una coreografia in quattro quadri per trovare la qualità del movimento interiore ed esteriore intorno ad un’idea della giovane Rebecca Murgi, si è riunita un’équipe di giovani talenti provenienti da diverse parti d’Italia e da formazioni e culture gestuali molto diverse. La danza moderna e quella classica, il gesto drammatico e le arti marziali accompagnano e caratterizzano l’individualità dei cinque danzatori nello spettacolo Physis alla ricerca e scoperta di un esaltante percorso dentro e quattro elementi della natura. La musica di Dick Van Der Harst, eseguita dal vivo, scandisce i quattro quadri dello spettacolo.
coreografie marco caporale, alessandra fazzino, marcello moschella, rebecca murgi, silvia traversi
musiche originali dick van der herst
danzatori rebecca murgi, silvia traversi, alessandra fazzino
disegno luci paolo manti
costumi cristina messora
ufficio stampa chiara bachetti, anna fantinel, beatrice giongo
assistente alla produzione elena dalla palma, gigi mattiazzi
direttore di produzione massimo mancini
regia rebecca murgi
assistente alla regia paola bartoletti
con marco caporale, alessandra fazzino, marcello moschella, rebecca murgi, maarten ornstein, joshua samson, silvia traversi e dick van der herst
collaborazioni associazione inteatro, het muzeek lod – gent, comune di maiolati spontini, tee soc. coop
Stasimi
L’eclettica compagnia riminese, abituata a lavorare con la musica e le tecnologie, presenta a Polverigi un allestimento di una spazio all’interno del quale, nell’arco di due giorni e due notti, sarà possibile accedere ai materiali di lavoro su Baccanti. Ciò che viene realizzato è un ambiente acustico multicanale controllato via computer per la spazializzazione del suono in tempo reale, dove frammenti del testo originale greco sono campionati e ricomposti a definire una innovativa drammaturgia dell’ascolto. Il suono è la tragedia stessa: più che tragico il suono è pre-tragico, e la musica è in grado di generare il mito che esprime per simboli la conoscenza dionisiaca.
Stasimi è un’architettura di stratificazioni di senso, fatta di corpi, gesti, suoni, immagini digitali e voci. Memoria e presente, tempo individuale e collettivo, producono un’esperienza sensoriale ed estetica; la metrica del chòros fa da riferimento per lo sviluppo di una prassi esecutiva applicata al testo in italiano, appositamente scritto per questo progetto. Una rilevanza particolare è data al naturale incontro tra tragedia e tecnologia, ciò che sottolinea non tanto il carattere innovativo dell’utilizzo di tecnologie sulla scena, quanto piuttosto il rapporto di continuità con una concezione del teatro e della macchina scenica profondamente classica e per questo tecnologica.
di isabella bordoni e roberto paci dalò
interpreti rita maffei, fabiano fantini
disegni oreste zevola
disegno luci fabrizio crisafulli
tecnico luci tommaso rossi
computer consulting enrico marchesin
musica e regia roberto paci dalò
testo e regia isabella bordoni
organizzazione daniela leardini
assistenti maren simonetti, lotte stoops
coproduzione inteatro
Giardini d’acqua
Tratto dal testo inedito in Italia di Daniel Pennac “Qu’est-ce que tu attends Marie?”, Giardini d’acqua è uno spettacolo tre teatro e danza, dove le parole e le immagini si trasformano in gesti e movimenti, e dove la musica fonde il tutto in un amalgama evanescente ed etereo, in un’atmosfera rarefatta e sfuggente. Un semplice dialogo tra una voce sconosciuta e Marie, una donna in attesa di un ricordo si trasforma in sogno, ipnosi e malia. La memoria raccoglie immagini sparse nel tempo, la propria storia personale di affetti, dolori, sensazioni. I personaggi sono colti nel momento in cui il pensiero attraversa la loro mente: lo sguardo sembra perso lontano, ma gli occhi cercano un appiglio, forse un altro sguardo, per ritrovarsi e scoprire dov’è fuggito il pensiero. Un pensiero volatile, evanescente, che cerca di dare forma al ricordo. Giardini d’acqua sembra così sfidare le costrizioni temporali che regolano il sonno e la veglia, la vita vissuta e quella sognata, giungendo a scoprire che “Rever et reveler c’est à peu prés le meme mot”.
drammaturgia e regia giorgio gallione
coreografie claudia monti, giovanni di cicco
costumi val eri
musiche paolo silvestri
con daniela biava, giovanni di cicco, valentina farone, riccardo maranzana, claudia monti, rosanna naddeo
Andando in oca
Sulle rive del Po un uomo, ferito e inseguito, trova un attimo per riprendere fiato e ripercorre, incantato, il fiume, il filo della sua esistenza. Il fiume Po è per lui un luogo mitico, un angolo sacro dove ha vissuto, dove si ritrova e si riconosce. Cinto da un misero asciugamano, sulla scena, spoglia come lui, l’uomo monologa mentre sullo sfondo, proiettato, scorre il fiume tra la luce del tramonto e il buio della notte, tra il mutamento e la continuità. Scorre il fiume, scorrono le parole e le memorie, gli amori, le morti, alle persone care e quelle meno care… Fino all’epilogo tragicomico, inevitabile quando si affronta la vita.
Andare in oca significa, in dialetto parmigiano, incantarsi, cioè avere dentro il canto, e così accade all’uomo nel suo luogo mondo: egli esprime attraverso il canto, in forma di poesia narrativa “un qualcosa di lontano nel tempo e nel paesaggio che abbiamo vissuto… l’emozione nell’avvertire che qualcosa perdura, come l’esistenza di un luogo, il ricordo di un affetto, la vista di oggetti cari, la parola scritta.”
di luciano recchia
adattamento luciano recchia, bruno stori, claudio zinelli
regia bruno stori
interprete claudio zinelli
luci maurizio viani
fonico gegè mainardi
proiezionista giorgio borra
ballerina silvia soncini
telecamera marta mambriani
montaggio silvio di fazio
Improvvisazione per il festival
Purezza della caduta libera senza appellarsi a niente, se non a se stessi con la propria presenza, veicolo di sensazioni, commozioni di memorie. In uno scambio diretto, nello spazio con gli altri.
Ascoltare, perdersi, costruire in diretta una sequenza di circostanze, dove la persona si sorprende e si scopre insieme al pubblico. Sosta palmizi già presente diverse volte al Festival Inteatro di Polverigi, ritorna quest’anno con una serie di improvvisazioni create appositamente per il festival.
con raffaella giordano, giorgio rossi, simone sandroni
Poesie Visive
La bottega di Remo Remotti ospiterà una raccolta di disegni moralistici, racconti sotto il titolo Città del Vaticano, poesie visive, magliette d’autore.