Andando in oca

Sulle rive del Po un uomo, ferito e inseguito, trova un attimo per riprendere fiato e ripercorre, incantato, il fiume, il filo della sua esistenza. Il fiume Po è per lui un luogo mitico, un angolo sacro dove ha vissuto, dove si ritrova e si riconosce. Cinto da un misero asciugamano, sulla scena, spoglia come lui, l’uomo monologa mentre sullo sfondo, proiettato, scorre il fiume tra la luce del tramonto e il buio della notte, tra il mutamento e la continuità. Scorre il fiume, scorrono le parole e le memorie, gli amori, le morti, alle persone care e quelle meno care… Fino all’epilogo tragicomico, inevitabile quando si affronta la vita.
Andare in oca significa, in dialetto parmigiano, incantarsi, cioè avere dentro il canto, e così accade all’uomo nel suo luogo mondo: egli esprime attraverso il canto, in forma di poesia narrativa “un qualcosa di lontano nel tempo e nel paesaggio che abbiamo vissuto… l’emozione nell’avvertire che qualcosa perdura, come l’esistenza di un luogo, il ricordo di un affetto, la vista di oggetti cari, la parola scritta.”

di luciano recchia
adattamento luciano recchia, bruno stori, claudio zinelli
regia bruno stori
interprete claudio zinelli
luci maurizio viani
fonico gegè mainardi
proiezionista giorgio borra
ballerina silvia soncini
telecamera marta mambriani
montaggio silvio di fazio

Festival 1998Bruno Stori