I Polacchi

Nel costruire la parabola di Ibu, Jarry lega basso e sublime, fondo popolare e cultura alta: e guarda alle radici bretoni, alla lingua e al sottosuolo celtico della sua regione. Dietro Ubu, prima ancora di Gargantua, c’è il gigante Hok Bras, l’orco verace e stupido di arcaiche leggende bretoni, ancora vive nei racconti delle madri e dei bambini. Dietro i Paolitni, i violenti soldati servitori di Ubu e Signora, ci sono i korrigans, folletti scatenati, creature della notte, capaci di attirare l’ignaro viaggiatore nella loro danza in cerchio e danzare fino a farlo morire.
Bretagna e Romagna. Pedar e Medar Ubu hanno nella tradizione romagnola antecedenti arcaici, giganteschi fantocci, maschere che provengono dal mondo sotterraneo, diavoli o anime di morti, divorano i vivi e non lasciano scampo. I due sono mostri, draghi. E provocano il riso, Il coro-massa dei Palotini proviene dalla non-scuola ravennate delle Albe.

dall’irriducibile ubu du alfred jarry
ideazione marco martinelli, ermanna montanari
con ermanna montanari, mondiaye n’daye
scene e costumi cosetta gardini, ermanna montanari
assistenti scene e costumi sara raschi, william rossano
progetto luci vincent longuemare
assistente luci francesco catacchio
scala del piloro lorenzo bazzocchi, catia gatelli
scenotecnica luci e suono enrico isola, gerardo de vita
direttore del sito luigi dadina
drammaturgia e regia marco martinelli
organizzazione e produzione ravenna teatro
in collaborazione con comune di ravenna

Festival 1999Teatro delle Albe

The gas heart

Tratto dalla commedia di Tristan Tzara scritta negli anni ’20, The Gas Heart è uno spettacolo in cui si incrociano azioni e dialoghi fantastici e inspiegabili come la vita. I personaggi, radunati attorno ad un tavolo, fumano e declamano frasi prive di senso “i suonatori di contrabbasso passano in una carrozza di tè” oppure ” Sai che sono un garage?” mentre fuori campo altri intonano ripetutamente “Com’è vero! Com’è vero!”
Tra questo bizzarro gruppo si formano alleanze che esplodono in danze collettive. Gas Heart è uno spettacolo di teatro, trasgressivo, drammatico, umoristico, danzato e di grande impatto visivo.

regia paul lazar, annie-b parson
progetto sonoro annie-b parson
produzione e organizzazione zafra whitcomb
disegno luci david moodey
costumi kitty leach
con mercedes bahled, tim cummings, stacy dawson, kourtney rutherford, rebecca wisocky, jonathan woodward
coreografia big dance theatre, tymberly canale

Festival 1999Big dance theatre

A tiny grin – progetto per una grande serra

Un giardino barocco, trasformato da sei danzatori in un luogo utopico ed immaginario, pieno di sorprese, di incontri e di metamorfosi. Giardino come labirinto, in quanto percorso in cui perdersi o nascondersi. Cornice ideale per a leggerezza degli inseguimento amorosi, delle danze fisiche, aeree, dei giochi e degli imprevisti, portatori di humour, ma al tempo stesso di un presentimento più oscuro.

ideazione e coreografia francesco scavetta
in collaborazione con heine r avdal, mette edvardsen, gry kipperberg, francesco scavetta, yukiko shinozaki, kristina oren
musiche originali nils petterMolvaer/Reidar skar
scene/costumi katherine tolo
luci jean vincent kerebel
suono morten petterson
fotografia johan wildhagen
grafica thomas knustad
produzione esecutiva cathe sjoblom
produzione wee – Scavetta/kippeberg

Festival 1999Wee

L’Aperto

L’Aperto è un lavoro coreografico che ha per tema lo spazio interiore e l’ignoto. Il corpo è il mezzo per un viaggio di esplorazione ed è strumento di comunicazione con gli altri. È una creazione al plurale in cui confluiscono in diversa misura i pensieri della coreografa e degli interpreti. Emerge così una visione del corpo come luogo in cui si incrociano i vari dualismi e si aprono i confini della coscienza. Il lavoro è trattato con la leggerezza e l’humour che caratterizzano la danza di Arbalete.

coreografia claudia monti
con ivana librici, claudia monti, piera pavanello, simone magnani
disegno luci peter golembiewski
oggetti di scena massimo paci

Festival 1999Arbalete

Otello

La storia di Otello è raccontata da quattro personaggi: Otello, Desdemona, Iago e Cassio. È un triangolo di pulsioni virili al centro del quale finisce per trovarsi Desdemona – unica figura femminile. Iago è invece figura di grande persuasore a cui viene restituita la pulsione amorosa, o meglio libidinosa nei confronti di Desdemona. Ma nel gioco della finzione scenica, tale pulsione è espressa tramite il suo alter-ego che trova fisionomia teatrale in una guarattella da lui stesso manovrata e chiamata Roderigo.
È il gioco della rappresentazione, il gioco del teatro; è il gioco di Iago, una specie di regista che tenta di offrire al suo pubblico una farsa o -chissà che beffa. Pian piano però tutto gli sfugge di mano, gli attori diventano ingovernabili e imbrigliato dalla sua stessa trama e affascinato da essa, Iago non prova nemmeno a fermare il disastro. È la prima volta che Rossotiziano affronta un testo teatrale, un classico che ha attraversato indenne tutte le epoche teatrali; dagli elisabettiani ai romantici da Carmelo Bene a Hollywood, tutti si sono confrontati con l’Otello di Shakespeare. Negli spettacoli precedenti la drammaturgia aveva come fonti materiali non propriamente teatrali o addirittura anti-teatrali.

di william shakespeare
composizione drammaturgica, spazio scenico, regia e interpretazione fabio cocifoglia, alessia innocenti, antonio marfella, alfonso postiglione
musica antonio calone
musica eseguita in scena antonio calone, niko mucci
costumi gilda bonpresa, simona sementina
luci peppino mazzotta
direzione tecnica niko mucci

Festival 1999Rossotiziano

On ne peut pas toujours être en apnée

On ne peut pas toujours être en apnée è un vitalissimo e imprevedibile gioco delle apparenze, delle metamorfosi, del vero e del falso, che sovrappone convenzioni, fantasmi e situazioni mentre la colonna sonora alterna classica e pop, Sinatra e Schubert, colto e popolare. Emozioni e sentimenti contrastanti si succedono nelle azioni interpretate dall’affiatato gruppo di attori-danzatori-cantanti in una nuova forma di danza che unisce sapienza spettacolare e gusto comico in una sequela di trovate da antologia.

coreografia guilherme Botelho
in collaborazione con la compagnia
assistente tecnica caroline de corniere
con caroline de corniere, joseph trefeli, kylie walters, mike winter
alias ringrazia per la sua collaborazione shaun smith
ricerca musicale guilherme botelho, kylie walters
registrazione in studio andres garcia
scenografia gilles lambert
costumi caroline de corniere
luci jean-marc serre
direzione di scena florent naulin
amministrazione samia ben hamida
consulente gabriel decoppet

Festival 1999Alias

Kung Fu – “Best of”

I giovani attori, sotto la guida del regista Pol Heyvaert, raccontano se stessi utilizzando i linguaggi e le forme che sono propri del mondo giovanile in un mix di video, musica, danza, arti marziali e mode. Frammenti di vita quotidiana, confessioni e testimonianze, documentati dalla telecamera di Felix Van Groeningen, vengono proiettati sullo schermo che fa da sfondo alla scena, mixati con spot pubblicitari e immagini video, il tutto su musiche di Jonas Boel. Kung Fu “Best of” è una vera e propria passerella, su cui sfilano emozioni, opinioni, manie, ma anche disillusioni e durezze, e dove ogni attore diventa il testimonial della cutlura giovanile contemporanea, problematica, ancora sconosciuta e che sfugge ad ogni definizione.
Lo spettacolo, che è stato presentato in numerosi Festival internazionali europei, è stato realizzato a Polverigi in uno speciale riallestimento di cui hanno fatto parte 10 ragazzi del posto che hanno partecipato a due settimane di laboratorio con l’équipe belga.

un progetto di jonas boel, pol heyvaert, felix van groeningen, lies vanborm
assistenti evelyne venden berghe
tecnici wil clapdorp, kurt verleure
video dieter diependaele, geert bouwé
assistente per l’edizione di polverigi marta massini

Festival 1999Victoria

Loop

Una sorta di cabaret del futuro in cui effetti speciali e sperimentazioni sonore si mescolano curiosamente. Uno spettacolo del tutto inclassificabile che conferma la vitalità della nuova scena inglese. Loop è il quinto show di Lee and Dawes che giocano sugli incroci tra performance e musica. In Loop l’idea centrale è  quella che nulla cambia, ma tutto gira e ritorna. Con il loro singolare mix di proiezioni, musica e magia Lee and Dawes esplorano le forze dell’etere: gli spettatori saranno anch’essi coinvolti nelle sperimentazioni scientifico-magiche di Ray Lee e Harry Dawes.

con ray lee, harry dawes, graham elstone
tecnico h cain

Festival 1998Lee and Dawes

Gust

Gust è l’improvvisa raffica di vento che sposta i corpi e muta gli stati dell’animo, è la forza della natura che travolge gli uomini e li trascina verso altri destini. Nello spazio descritto dallo spettacolo dominano la Natura, le pulsioni incontrollate e travolgenti, la vulnerabilità dei corpi e dei sentimenti, che costringono gli uomini a riconfrontarsi inevitabilmente con gli elementi naturali. Uno dei riferimenti iconografici dello spettacolo è La zattera della Medusa di Géricault, quadro che mette in scena la catastrofe nell’imminenza del salvataggio: nel momento della morte e della sopravvivenza precaria, estrema, la salvezza dipende dai capricci del tempo e del vento.

direzione artistica francisco camacho
drammaturgia andré lepecki
costumi isabel peres
sartoria teresa luoro
suoni sergio pelagio
luci cristina piedade
scene rafael alvarez
effetti speciali joao gaspar
assistenti paula pereira, pietro romani
con begona mendez, carlota lagido, david miguel, felix santana, filipa francisco, joao galante, joao samoes, marta coutinho, miguel pereira, nines gomez, paula castro, rolando perez, ronald burchi, sara vaz
coproduzione fundaçao das descobertas – centro cultural de belem, culturporto – rivoli teatro municipal, acarte – fundaçao calouste gulbenkian, o acto, eira

Festival 1998Compagnia Francisco Camacho

Antenati

Antenati è la storia di un’evoluzione improbabile, il viaggio nel tempo di un gruppo di giovani amici. In scena ci sono Andy Warhol e la Barbie, i figli della lavatrice Rex e gli eredi dell’Autogrill: lo specchio della nostra stessa storia. Una storia fatta di consumi e di tecnologia, dove l’uomo non può più fare a meno delle macchine e degli strumenti da lui stesso costruiti: una vera giungla delle città di sapore brechtiano, dove l’uomo può essere soggetto alla ribellione dei suoi elettrodomestici, sempre più minacciosi di trasformarsi in “elettroselvatici”. Da strumenti che dovrebbero alleviare la nostra esistenza, potrebbero invece diventare pericolose minacce alla stessa. Chi di noi ha un’idea precisa del potenziale distruttivo che cova dentro e fuori delle nostre abitazioni?

progetto e regia lucio diana, roberto tarasco, adriana zamboni
musiche originali nicola campogrande
tecnico di compagnia virginia manoni
collaborazione allestimento daniela cavallo, alessandro bigatti
organizzazione patrizia coletta, annalisa gulmini
con roberta biagiarelli, lucia mascino, lilli valcepina, andrea violato, massimo violato

Festival 1998Teatro Settimo