Trenta storie, trasformate in altrettanti monologhi video con una costruzione drammaturgica che crea coerenza fra loro. La durata di ogni intervento sarà esattamente la stessa. Diverse interazioni avverranno in vari momenti. I registi Bart Baele e Yves Degryse hanno incontrato persone, fatti, aneddoti, avventure, intrighi e pensieri interessanti. I temi emersi da queste storie sono eclettici: da ipotesi filosofiche, al dettaglio scientifico fino agli aneddoti, ecc. Una grande struttura ovale sul cui perimetro sono montati 30 schermi/storie, ospita 30 spettatori. Per la prima volta ad Ancona il gruppo belga acclamato in tutta Europa con un’istallazione teatrale esteticamente irresistibile e dai contenuti intelligenti.
FOOD può contenere tracce di…
Un’esperienza sensoriale e partecipata con al centro il cibo e il nostro sempre più articolato rapporto con il mangiare. Questo è quello che Luca Silvestrini e Orlando Gough volevano realizzare e che, dopo mesi di ricerca e di prove, è diventato May Contain Food. Non avevano però previsto le tante questioni e gli ambiti tematici che mano a mano venivano affiorando e che toccavano nel profondo le esperienze e le sensibilità. Ad un certo punto questa seppur piacevole e leggera serata, seduti ad un tavolo tra un assaggio e l’altro, è diventata un modo per raccontare storie, esperienze ed attitudini in grado di provocare emozioni e ricordi tra il pubblico/ospite. FOOD è la versione italiana del duetto May Contain Food, May Contain You, creato a un anno di distanza dal pezzo originale. Questa versione a due scaturisce dal desiderio di portare un progetto come questo in spazi non necessariamente teatrali, in una dimensione più intima e conviviale.
CREATO DA Luca Silvestrini e Orlando Gough
PERFORMER Simone Donati e Virginia Scudeletti
CON LA PARTECIPAZIONE DI Serena Martarelli
MUSICA ORIGINALE Orlando Gough
REGIA E COREOGRAFIA Luca Silvestrini
SCENE E COSTUMI Yann Seabra
DISEGNO LUCI Jackie Shemesh
PRODUZIONE MARCHE TEATRO / Protein
La camera du Roi
Un re, una telecamera, uno schermo gigante. Un uomo solo, ossessionato dalla necessità di essere ammirato, amato, osservato e allo stesso tempo imprigionato da uno sguardo che non si spegne mai. Proprio l’esplorazione dello sguardo è uno dei temi principali di questo lavoro. Lo schermo, da un lato, offre al performer un duplicato di sé permettendogli di occupare ancora più spazio nella cornice del palcoscenico, dall’altra grazie alla sua dimensione, brillantezza, velocità e punto di vista privilegiato, gli ruba la scena, costringendolo a un’impossibile lotta contro se stesso. Cindy si cimenta in un’impresa al limite del possibile: creare un film in diretta con l’illusione di un montaggio. Con le mani davanti all’obbiettivo taglia le immagini, le sfoca in una sorta di filtro “instagram” fatto in casa, accelera o rallenta e diventa a sua volta un oggetto coreografico. Al pubblico si propone una scelta: lasciarsi andare all’illusione guardando lo schermo oppure seguire l’azione dal vivo, godendosi quindi lo spettacolo senza filtri. C’è una terza scelta, ovvero tentare di assorbire tutto, inclusa la relazione di potere che si instaura tra i vari elementi scenografici. Chi è a controllare lo show? È il danzatore coreografo? È la camerawoman? È il re sullo schermo? È la telecamera stessa?
Per quanto riccamente vestito, il re è sempre nudo allo sguardo dell’innocente.
COREOGRAFIA Andrea Costanzo Martini
DIREZIONE ARTISTICA Andrea Costanzo Martini – Cindy Séchet
LUCI Yoav Barel
DRAMMATURGIA Yael Biegon – Citron
COSTUMI Idan Lederman
PERFORMER Andrea C. Martini – Cindy Séchet
VIDEO Cindy Séchet
MUSICHE Binya Reches, J.S. Bach, Aphex Twins, Andrea Costanzo Martini, Britney Spears, Laura Pausini
RIPETITORE Melanie Barson
PRODUTTORE Hila Gamily
coproduttori MARCHE TEATRO, Charleroi Danse, Associazione Cult. Van, Balletto Teatro di Torino / Motori di Ricerca, Choreographisces Zentrum Heidelberg
CON IL SUPPORTO DI Piemonte dal Vivo, Avshalom Pollack Dance Theater
RINGRAZIAMENTO SPECIALe A Chiara Castellazzi
PROMOTRICE DEL PROGETTO MOTORI DI RICERCA DAL QUALE IL LAVORO HA PRESO INIZIO Enzo Pezzella e Enrico Pitozzi
Unlock
Dispositivo di controllo: “qualunque cosa abbia in qualche modo la capacità di catturare, orientare, determinare, intercettare, modellare, controllare e assicurare i gesti, le condotte, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi” (G. Agamben)
Due corpi femminili in assenza di equilibrio: la postura è instabile, la voce non trova il suo tono naturale, il respiro è limitato, costretto dai lacci di un corsetto. Due donne in bilico tra il tentativo di raggiungere un modello estetico, e il riconoscere che questo stesso modello è un’imposizione culturale e sociale.
Attraverso un percorso di riappropriazione e di scoperta del ventre e della voce, tutto il corpo si contagia, il suono si amplifica e accompagna questo processo di riconquista. Un tentativo di esplosione energica e liberatoria, che cerca di eludere lo stereotipo.
E’ possibile resistere agli attacchi dei dispositivi? Possono degli spazi conquistati di libertà sfuggire al controllo?
DA UN’IDEA DI Anna Basti
ELABORAZIONE E MESSA IN SCENA Anna Basti e Chiara Caimmi
CON Anna Basti e Chiara Caimmi
DIREZIONE TECNICA E DISEGNO LUCI Maria Elena Fusacchia
COLLABORAZIONE TECNICA Chiara Kadia Baston
MUSICHE ORIGINALI DI Iva Stanisic // Yva & the toy george
SUPPORTO TECNOLOGICO DI Alessandro Petrone e Francesco Castrovilli
CON IL SOSTEGNO DI Inteatro Residenze – Centrale Fies – KOMM TANZ/Teatro Cartiera residenze Compagnia Abbondanza/Bertoni
IN COLLABORAZIONE CON IL Comune di Rovereto
Harleking
HARLEKING è un demone dall’identità ambigua e multipla.
Ricorda l’Arlecchino della Commedia dell’arte, un servo furbo mosso dalle inclinazioni più animali e un’inappagabile fame. Il linguaggio di HARLEKING ha una specifica qualità ipnotica in cui i contenuti, spesso estremi ed opposti, si fondono in un sistema metamorfico fluido in cui tutto può accadere, ma che tutto confonde.
Affiora il ricordo di un’antica decorazione muraria, la Grottesca, in cui figure mostruose emergono e si confondono tra eleganti volute ornamentali. Figure grottesche, capaci di muovere il riso pur senza rallegrare.
DI E CON Ginevra Panzetti, Enrico Ticconi
SOUND DESIGN Demetrio Castellucci
LIGHT DESIGN Annegret Schalke
DIREZIONE TECNICA Paolo Tizianel
COSTUMI Ginevra Panzetti, Enrico Ticconi
PROMOZIONE Marco Villari
VIDEO Ettore Spezza
ILLUSTRAZIONI E GRAFICA Ginevra Panzetti
CON IL SOSTEGNO DI VAN (IT) // Tanzfabrik, Berlin (DE) // PACT Zollverein, Essen (DE) // NAOcrea – Ariella Vidach AiEP, Milano (IT) // KommTanz – Compagnia Abbondanza/Bertoni, Rovereto (IT) // L’arboreto – Teatro Dimora, Mondaino (IT) // AtelierSì, Bologna (IT) // C.L.A.P.Spettacolo- dalvivo, Brescia (IT)
ALTRI SUPPORTI Cronopios – Teatro Petrella, Longiano (IT) // Vera Stasi – Progetti per la Scena, Tuscania (IT) // Network Anticorpi XL (IT) 2018
PROGETTO SELEZIONATO NELL’AMBITO DI MARCHE TEATRO – Inteatro Festival Call
Storm Atlas
STORM ATLAS è un catalogo di tempeste. Potenti quadri audiovisivi intrappolano lo spirito di tumulti metereologici di ogni tipo: composizioni di gesti, suoni e testi traducono il grande sconquasso degli elementi. La composizione di questo atlante però si trasforma in un inseguimento senza tregua; una corsa dietro alla stasi irraggiungibile del cielo, destinato a sfuggirci sempre. Una riflessione sull’impotenza dell’essere umano che, nonostante la sua capacità di esaminare e conoscere scientificamente il fenomeno, si ritrova disarmato di fronte a questi eventi di portata mastodontica. Il lavoro di Dewey Dell – noto per la sua raffinata originalità – è profondamente ispirato e continuamente alimentato dalla storia dell’arte.
In questa nuova performance, la compagnia ambisce alla traslitterazione della mutevolezza del cielo in un linguaggio composto da suono, movimento e luci.
IDEAZIONE Dewey Dell – Agata, Demetrio, Teodora Castellucci, Eugenio Resta
CON Dewey Dell – Agata, Demetrio, Teodora Castellucci, Eugenio Resta
PRODUZIONE Socìetas Raffaello Sanzio, Dewey Dell
Deriva traversa
La solitudine è un aspetto costituente del mestiere del pastore. Gli permette un’immersione interiore totale, un lieve allontanamento dal visibile. I suoni udibili si assorbono in un nuovo silenzio, i pensieri si formano in modo assoluto. Gli animali da custodire diventano l’unica possibilità di astrazione dal sé, di cura o di affetto. Quando i pastori cantano, per intonarsi imitano il vento o il belato della pecora o della mucca. E attraverso la poesia cantata trasmettono una storia passata, tramandando la cultura in modo orale generazione dopo generazione.
La risalita lungo il tempo però non abbandona la realtà attuale, si distacca solo dal mondo visibile.
La storia che i pastori poeti cantano si potrebbe intendere come un tentativo di decifrazione dell’invisibile, che avviene attraverso una discesa nel sé, una geografia del soprannaturale.
COREOGRAFIA, CON Teodora Castellucci
MUSICHE Demetrio Castellucci
ASSISTENZA ALLA COREOGRAFIA Agata Castellucci
DRAMMATURGIA Vito Matera
COSTUME Guoda Jaruseviciute
PRODUZIONE Societas
CON IL SOSTEGNO DI progetto MUSE/ compagnia B
IN COLLABORAZIONE CON Festival Danza Urbana e Festival Città delle Cento Scale
Posare il tempo
Questo lavoro nasce da una condizione immaginata. È una declinazione della visione, a volte un tentativo di simultaneità di tempi e spazi. Ciò che in natura e in scienza non si può avere, è una forte attrattiva per chi ama maneggiare strumenti utili per l’assurdo, per l’eccezionale. La materia prima sono due corpi, due elementi dell’ordinario, due persone, due ritratti, due entità scultoree, due frammenti, due e, a volte, un unico. Come creta nelle mani di uno scultore i due corpi sono a servizio di questo esperimento, dello stare e restare e del posare, della trasformazione. Posiamo per essere guardarti e posiamo il nostro peso, ineluttabilmente sottostiamo alle leggi fisiche della gravità e misteriosamente parliamo senza parole con i nostri corpi, raccontando storie non udibili. Posare il tempo invita ciascuno spettatore a lasciare da parte il suo insaziabile bisogno di comprendere.
COREOGRAFIA Claudia Catarzi
DANZA Claudia Caldarano e Claudia Catarzi
PERCUSSIONI Gianni Maestrucci
DRAMMATURGIA Amina Amici
MUSICHE ORIGINALI E DRAMMATURGIA SONORA Bruno De Franceschi
SOUND DESIGN Francesco Taddei
DISEGNO LUCI Massimiliano Calvetti e Leonardo Bucalossi
PRODUZIONE La Manufacture – Centre de Développement Chorégraphique National Bordeaux Nouvelle-Aquitaine, in coproduzione con La Briquete- rie – Centre de Développement Chorégraphique National du Valde-Marne, POLE-SUD – Centre de Développement Chorégraphique National / Strasbourg, Art Danse – Centre de Développement Chorégraphique National Dijon Bourgogne, Centre Chorégraphique National Malandain Ballet Biarritz, Le réseau Tremplin: Danse à tous les étages – Bretagne, L’Etoile du Nord – Paris, Le Mac Orlan – Brest, Le Triangle – Rennes, Chorège – Falaise, Centre Chorég- raphique National de Nantes; CANGO Centro Naziona- le di Produzione sui linguaggi del corpo e della danza/ Firenze, Company Blu con il contributo di MIBACT e Regione Toscana, Zebra | Cultural Zoo e con il sostegno di Glob Théâtre/ Bordeaux, SPAM! / Porcari, Teatro Era / Pontedera, Armunia / Castiglioncello, Le Murate / Firenze, Centro arte contemporanea | Museo Pecci (Prato)
Say it
Design di musica elettronica, un duetto al maschile e vestiti rosa.
La comunicazione è sempre nei nostri pensieri. Esprimere noi stessi e fare ascoltare le nostre ragioni. Ma cosa succede se non sei compreso? Quali strumenti ci rimangono a disposizione?
SAY IT esplora rigetto, curiosità, desiderio, confusione, vulnerabilità e fiducia.
Un viaggio di tentativi ed errori nel quale questi due individui costruiscono reti di interazione. Con movimento, campionatori e sintetizzatori cercano di trovare le parole da dire.
Le tematiche di questo lavoro prendono ispirazione da situazioni e problemi vicini alla maggior parte di noi: a quasi tutti è successo di trovarsi in un ambiente nuovo e sconosciuto nel quale è difficile essere se stessi, o di dover imparare una lingua per poter comunicare e cercare di trovare le parole mancanti per terminare la frase.
L’intento del duetto non è quello di trovare una soluzione a questi problemi di comunicazione, ma quello di sperimentare con forme di linguaggio alternative, utilizzando l’affascinante intreccio di complessità di cui siamo fatti, o la semplicità di uno sguardo o un abbraccio.
COREOGRAFIA Simone Donati, Stephen Quildan
MUSICHE E COMPOSIZIONE DEL SUONO ATMO
DANZATORI E MUSICISTI Simone Donati, Stephen Quildan
SPONSOR E COLLABORATORI IlRestaurato, Resina35, Ateneo Danza
FOTOGRAFIE Resina35
VIDEO Walter Molfese
A peaceful place
A PEACEFUL PLACE nasce dall’incontro tra Davide Valrosso e i tre danzatori indiani della compagnia Attakkalari di Bangalore, grazie al sostegno di “Crossing the sea” progetto di internazionalizzazione nato allo scopo di creare e consolidare collaborazioni a lungo termine tra Italia e Paesi asiatici e del Medio Oriente.
Il lavoro si basa su una serie di azioni coreografiche nate dal dialogo e dall’incontro con diversi linguaggi: dal Kalari Payat, arte da combattimento tra le più antiche esistenti, ed elementi di yoga (Asana e Pranayama) e di gestualità tratti da antiche danze tradizionali indiane, scomposte e ibridate all’interno di una danza a tratti materica e a tratti formale.
Il risultato è un’architettura compositiva dal linguaggio fortemente originale, in bilico tra sacro e profano, spazio di riflessione sul tema dell’UNO, principio che indica l’unità di tutte le cose. Tema trattato in uno dei più antichi testi sacri della tradizione induista, i Rig Veda, risalente all’incirca al secondo millennio a.C., e poi ripreso in occidente da Platone Plotino ed infine da Hegel. A PEACEFUL PLACE è un ‘occasione di incontro e di scoperta, uno spazio fisico dove si pratica l’arte del gesto e lo studio della forma. Un luogo di ritiro del guerriero che compie la pujo, “rito di adorazione”, prima di dedicarsi al combattimento.