Canto ostinato

Canto ostinato è il titolo di una composizione del musicista olandese Simeon ten Holt che può essere realizzata da diverse combinazioni di strumenti a tastiera. In questo caso si tratta di quattro pianoforti.
A Polverigi l’esecuzione di Canto Ostinato è condotta da quattro musicisti con simili esperienze formative e musicali: Gerard Bouwhuis, Kees van Zeeland, Arielle Vernede e Gene Carl

musica di simeon van holt
eseguita al pianoforte da Gerard Bouwhuis, Kees van Zeeland, Arielle Vernede e Gene Carl

Canto Ostinato è stato presentato a Inteatro Festival nell’edizione del 1991

Terramara

Michele Abbondanza e Antonella Bertoni presentano questo spettacolo, Terramara, che indica letteralmente i “depositi a cumulo di terra grassa e nerastra, costituiti dagli avanzi di vaste stazioni preistoriche”. Il richiamo alla terra come humus naturale e originale è rievocato dai movimenti di danza delle due figure maschile e femminile custodi del rito generativo, del ciclo creativo della natura che congiunge il prima e il dopo e attraversa lo spazio rendendolo unico. Amore e lavoro, creazione e trasformazione, vengono narrati in un racconto astratto che enumera gli oggetti del dare la vita, creature di creature, vite di altre vite in una moltiplicazione che è atto d’amore e lavoro, inteso come trasformazione di corpi in altri corpi mediante strumenti e movimenti. L’eco della terra diventa memoria universale, catalogo dei suoni dell’uomo, dove non possono esistere confini e divisioni tra culture e paesi diversi.
Ad accompagnare questa rappresentazione del fluire più profondo della vita sono stati scelti i ritmi tradizionali ungheresi, indiani, rumeni e siciliani, insieme a brani di Bach e di autori contemporanei come Yared, offrendo una testimonianza del tempo… come memoria scomparsa, recuperabile solo attraverso simboli e segnali.

coreografia michele abbondanza
con michele abbondanza e antonella bertoni
immagini di lucio diana
musiche di J.s. bach, g. yared, s. bored
produzione festival drodesera

Festival 1991Michele Abbondanza

Michele Abbondanza

Michele Abbondanza (Riva del Garda, 22 agosto 1960) è un danzatore e coreografo italiano.
Studia a New York presso la Merce Cunningham School e il Nikolais/Louis Dance Lab, le scuole di Merce Cunningham e Alwin Nikolais. Nel 1982 entra nella compagnia “Teatro e Danza la Fenice” diretta da Carolyn Carlson e partecipa alla seconda creazione della Carlson per il gruppo veneziano: Underwood. Nel 1983 è tra gli interpreti di L’orso e la luna (che poi sarà modificato e prenderà il titolo di Chalk Work), sempre della Carlson e di Anonymit di Jorma Uotinen. Nel 1984 è cofondatore del gruppo Sosta Palmizi e partecipa alla creazione collettiva de il Cortile (1985 – Premio Narni opera prima e Premio UBU). Nello stesso anno si cimenta con una creazione individuale per il Festival Oriente Occidente, un Solo dal titolo Il prete (Puer cum puellula). Nel 1986 è chiamato per il servizio civile, ma riesce ugualmente a collaborare alla seconda creazione collettiva della compagnia, Tufo, pur essendo impossibilitato a prendervi parte come interprete. L’ultimo lavoro con la Sosta Palmizi è la partecipazione come interprete a Dai Colli (1987), coreografia di Giorgio Rossi e scene di Andrea Pazienza, che segna la sua uscita dalla compagnia. Sempre nel 1987 insegna all’Accademia Antoniana di Arte Drammatica di Bologna. Nel 1988 Carolyn Carlson lo chiama a Parigi come suo assistente e lo invita a prendere parte a Dark, la nuova produzione alla quale la coreografa sta lavorando con la compagnia del Théâtre de la Ville. In questa occasione incontra Antonella Bertoni, che diventerà sua compagna nella vita e nell’arte. Il primo lavoro insieme dei due danzatori è Terramara(1991), seguono Pabbaja-abbandono della casa (1994), Spartacus-il dì che più non c’è (1995) e Mozart Hotel (1997). Quest’ultimo spettacolo è stato poi trasformato in una versione “da strada” intitolata Mozart Strasse ed eseguita in cinque luoghi della città di Rovereto nell’ambito del festival Oriente Occidente del ’97. Nel 1992 è co-protagonista, con Alessandra Ferri, del film documentario La luna incantata prodotto da Rai Due, per la regia di Vittorio Nevano e coreografie di Fabrizio Monteverde, che vince il Primo Premio della sezione video al Festival di Cannes 1993. Nell’agosto 1995, insieme ad Antonella Bertoni e agli altri componenti della ex Compagnia Sosta Palmizi partecipa al film di Bernardo Bertolucci Io ballo da sola. Nello stesso anno nasce ufficialmente la compagnia Abbondanza/Bertoni, che nel 1997, insieme alla regista Letizia Quintavalla e al drammaturgo Bruno Stori del Teatro delle Briciole di Parma, produce lo spettacolo di teatro ragazzi Romanzo d’infanzia (vincitore premio ETI-Stregagatto 1997/98), e nel 1999 lo spettacolo Fiaba buia. Nel 2000 i due coreografi creano Figli d’Adamo, per la compagnia Aterballetto di Reggio Emilia.
Nel 2002 la Compagnia Abbondanza/Bertoni produce lo spettacolo Alcesti, prima tappa della trilogia “Ho male all’altro”, un percorso nel tragico ispirato al tema del sacrificio per amore che prosegue nel 2004 con Medea e nel 2005 con Polis. Quest’ultima produzione ha debuttato nell’ambito del Festival Oriente Occidente di Rovereto. Nel 2006 Abbondanza è autore, insieme ad Antonella Bertoni, dell’assolo interpretato da quest’ultima intitolato Try. La creazione 2007 della compagnia è Capricci, che ha debuttato il 19 ottobre a Modenanell’ambito del Festival Vie, mentre la produzione del 2008 è Un giorno felice (debutto nel dicembre a Napoli).
Michele Abbondanza dal 1997 è docente di teatrodanza alla Scuola di Teatro “Giorgio Strehler” del Piccolo Teatro di Milano diretto da Luca Ronconi. Nel 2004 ha curato i movimenti scenici dell’Edipo re di Sofocle, regia di Roberto Guicciardini, per il XL ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro Greco di Siracusa.

Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1991 con Terramara

A girl skipping

In questo lavoro Graeme Miller, esplora due temi: l’infanzia e l’Inghilterra del dopo guerra.
Dalla prima scena, in cui una ragazzina è mostrata intenta a saltellare una corda, si aprono una serie di efficaci quadri scenici interpretati da una compagnia di grande talento.
Attraverso il gioco, i protagonisti scoprono la loro identità fisica, spirituale ed emotiva simulando il passaggio dall’adolescenza alla maturità e mettendo a nudo le aberrazioni e i fantasmi del mondo degli adulti.
In un crescendo di movimenti e suoni a rievocare un caos metafisico in cui gli uomini vagano in balia del destino, i macabri giochi ideati dal gruppo esprimono già nel delirio dei titoli il disagio del vivere.
L’azione si snoda con ritmo trascinante, testo e musica si fondono fino a creare un’opera piena di vita che incanta per umorismo ma anche per la felicità del gioco scenico.

con heather ackroyd, emma bernanrd, frank bock, graeme miller, liz kettle, barvaby stone
musica di graeme miller con david coulter
scene di graeme miller con heather akroyd
luci di stephen rolfe
suoni di chahine yavroyan
costumi di beth hardisty
regia di graeme miller

Festival 1991Graeme Miller

Graeme Miller

Graeme Miller è un artista, regista teatrale e compositore. Emergendo dal coraggioso e influente lavoro teatrale di Impact Theatre negli anni ’80, un gruppo che ha co-fondato, il suo lavoro ora abbraccia una vasta gamma di media. Con l’idea di essere “un compositore di molte cose che possono includere la musica”, ha realizzato teatro, danza, installazioni e interventi. Spesso riflettendo il senso del paesaggio e del luogo, rende regolarmente commissionate opere site-specific.

Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1991 con A girl skipping

Io che non ho mani che mi accarezzino il viso

Si tratta di uno spettacolo nel quale il pubblico seguirà una serie di stazioni negli spazi del cortile ed adiacenti il cortile della villa di Polverigi. Nuovo spazio il pubblico si troverà così in un rapporto spaziale e umano con l’interprete ogni volta differente, secondo valori diversi di intimità o di estraneità.
Questa non convenzionalità di rapporto è suggerita dalla necessità da cui nasce questo lavoro. Necessità di testimoniare una resistenza.
Frigerio sceglie la figura un po’ anacronistica di un pretino di campagna come esempio di una motivazione profonda e per questo scomoda e incomprensibile.
Questa motivazione rappresenta oggi una forza. Al tempo stesso si tratta di un’esperienza che non entra nel campo dell’eccezionale, come quella dei santi o dei mistici, ma resta in quello delle cose quotidiane. Non è quindi la proposta di un eroismo individuale che si prefigge il rigore assoluto e l’isolamento, ma piuttosto quello di un’autodisciplina intellettuale e morale che fa i conti con la realtà.
La ricerca si svolge dunque nella dialettica tra questi due aspetti: il quotidiano, le cose della vita, il pelapatate per esempio, e la coscienza di un percorso che non lascia spazio alle probabilità.
Sul piano del linguaggio del movimento questo ha indotto un lavoro sull’energia. L’energia che genera forme chiare subito dopo provoca un processo di autodistruzione.
Emergere e affogare. Come dire netto e sfuocato.
Su questo terreno si è realizzato l’incontro con le foto di Giacomelli, per quella sua caratteristica di trasformare la figura in macchia informale, per quei suoi corpi in movimento che perdono i loro contorni (in particolare nel ciclo di foto realizzate in un seminario di preti del quale è stato tratto il titolo dello spettacolo), E anche per quella sua capacità di estrarre l’essenza formale dalla realtà (le nature morte).
Questo rapporto tra realtà e forma trova terreno fertile negli spazi naturali del cortile della villa di Polverigi, una sorta di set “verista” messo a confronto con un’esperienza che prima di tutto critica della verità.

titolo tratto dalla raccolta di foto di mario giacomelli
di gustavo frigerio
con gustavo frigerio e antonio baudrocco
musiche di ligeti

Festival 1991Gustavo Frigerio

Gustavo Frigerio

Gustavo Frigerio è regista e attore di teatro e d’opera. Ha studiato danza (tecnica Cunnigham e contact improvisation con Steve Paxton e Lisa Nelson), teatro (Grotowski, Richard Schechner, Peter Brook), voce (Tecnica Linklater, Zigmunt Molik) e coscienza del corpo (tai-chi-chuan, yoga e Ideokinesis). I sui lavori, spettacoli nei quali si fondono diverse discipline in una sorta di partitura compositiva, sono stati presenti nei festival e nei teatri di tutta Europa. Ha insegnato alla Scuola D’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, in molte altre istituzioni in Europa, ad Amsterdam, Anversa, Rotterdam, Ljubljana. È docente alla Ecole du Théâtre des Teintureries di Losanna.

Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1991 con Io che non ho mani che mi accarezzino il viso e del 1996 con Alle mie vittime

Le sejour

Le sejour è uno spettacolo che commuove, irrita, agita, seduce. La sua energia proviene dalla continuità di sensazioni che sa provocare negli spettatori, accumulando associazioni di immagini che mostrano la ricchezza dell’esperienza umana.
Già definito come opera sui rapporti sociali, Le sejour vede i personaggi attori intenti a frugare nei loro bisogni, nelle loro invidie nei loro sentimenti con accanimento, in una ricerca intensa e spasmodica vissuta attraverso il corpo in movimento.
Le sejour non vuole essere un discorso sul mondo ma il luogo privilegiato di osservazione del mondo e l’analisi consapevole del proprio modo di guardare adesso, in un’opera trascinante e di grande tensione emotiva.

testo,scene e regia di françois-michel pesenti
con christophe avril, agnes del amo, marcelle basso, catherine duflot, ulrich funke, angela knorad, henriette palazzi, frederic poinceau, renaud prat
assistente alla regia anne m. pleissuono, olivier renouf
realizzazione delle scene raymond biscioni, sallahdyn khatir, sylvie morel
direzione di scena martial roze
direzione di palcoscenico raymond biscioni, sallahdyn khatir, martial rose
amministrazione di produzione philippe de reilhan
pubbliche relazioni clyde chabot
amministrazione di compagnia brigitte gastaldi
coproduzione theatre des  bernardines marsiglia, festival contact 89 de mayence
in collaborazione con il theatre de la bastille di parigi

Festival 1991Theatre du point aveugle

Antenata atto I°

Antenata è un’opera di epica contemporanea concepita in tre parti: il testo del primo atto, vero cuore dell’intera trilogia, si arresta intenzionalmente sui temi che la seconda e la terza parte affronteranno privilegiando rispettivamente la danza e il suono. Nonostante la tripartizione dell’opera, fisicità e vocalità appaiono comunque indissolubilmente legate in questo spettacolo che nasce e si sviluppa nella coralità, esprimendo il mondo emotivo femminile e rievocando l’eterno segreto della creazione in una dimensione mitica della maternità.

testo di mariangela gualtieri
con mariangela gualtieri, gabriella rusticali, carolina talon sampieri
regia di cesare ronconi
produzione teatro della valdoca
in collaborazione con il teatro bonci di cesena

Festival 1991Teatro della Valdoca