Io che non ho mani che mi accarezzino il viso

Si tratta di uno spettacolo nel quale il pubblico seguirà una serie di stazioni negli spazi del cortile ed adiacenti il cortile della villa di Polverigi. Nuovo spazio il pubblico si troverà così in un rapporto spaziale e umano con l’interprete ogni volta differente, secondo valori diversi di intimità o di estraneità.
Questa non convenzionalità di rapporto è suggerita dalla necessità da cui nasce questo lavoro. Necessità di testimoniare una resistenza.
Frigerio sceglie la figura un po’ anacronistica di un pretino di campagna come esempio di una motivazione profonda e per questo scomoda e incomprensibile.
Questa motivazione rappresenta oggi una forza. Al tempo stesso si tratta di un’esperienza che non entra nel campo dell’eccezionale, come quella dei santi o dei mistici, ma resta in quello delle cose quotidiane. Non è quindi la proposta di un eroismo individuale che si prefigge il rigore assoluto e l’isolamento, ma piuttosto quello di un’autodisciplina intellettuale e morale che fa i conti con la realtà.
La ricerca si svolge dunque nella dialettica tra questi due aspetti: il quotidiano, le cose della vita, il pelapatate per esempio, e la coscienza di un percorso che non lascia spazio alle probabilità.
Sul piano del linguaggio del movimento questo ha indotto un lavoro sull’energia. L’energia che genera forme chiare subito dopo provoca un processo di autodistruzione.
Emergere e affogare. Come dire netto e sfuocato.
Su questo terreno si è realizzato l’incontro con le foto di Giacomelli, per quella sua caratteristica di trasformare la figura in macchia informale, per quei suoi corpi in movimento che perdono i loro contorni (in particolare nel ciclo di foto realizzate in un seminario di preti del quale è stato tratto il titolo dello spettacolo), E anche per quella sua capacità di estrarre l’essenza formale dalla realtà (le nature morte).
Questo rapporto tra realtà e forma trova terreno fertile negli spazi naturali del cortile della villa di Polverigi, una sorta di set “verista” messo a confronto con un’esperienza che prima di tutto critica della verità.

titolo tratto dalla raccolta di foto di mario giacomelli
di gustavo frigerio
con gustavo frigerio e antonio baudrocco
musiche di ligeti

Festival 1991Gustavo Frigerio