Francesca Amat

Francesca Amat, artista poliedrica, si muove attraverso vari linguaggi intersecando l’arte visiva con il teatro musicale e la performance. Numerose le collaborazioni con altri artisti, tra cui Alberto Casiraghi (edizioni Pulcinoelefante), Alda Merini, Bruno Tognolini. Alla propria attività di ricerca affianca l’attività pedagogica insegnando in numerose scuole dell’infanzia e primaria, carceri e centri diurni e partecipando a Festival in Italia e all’estero. Parallelamente conduce corsi di formazione per insegnanti ed educatori e workshop all’Università Bicocca di Milano. Ha pubblicato disegni con Franco Cosimo Panini Ragazzi (Radici), Sinnos Edizioni (Il raggio sottile), Edizioni Pulcino Elefante, Campanotto, Edizioni la Vita Felice. Sue opere e installazioni d’arte visiva sono state ospitate in mostre e festival in Italia e all’estero. Nel 2010 ha fondato L’Atelier del Vento che promuove corsi e laboratori di arte visiva e performativa.

Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1998 con Dentro e fuori

Dentro e fuori

Dentro e fuori nasce da un libro oggetto realizzato in copia unica da Francesca Amat. Nella performance tutte le figure pittoriche escono dai fogli del libro e vivono nell’interpretazione della danza.

coreografia caterina fantoni
quadri e sculture francesca amat
musiche giovanni mancuso
testo tratto da ottava elegia di r.m. rilke
pianoforte giovanni mancuso
flauti cecilia vendrasco
voce recitante carolina baggi
sound designer stefano scarani
riproduzioni fotografiche luigi ferreri, simone sanchioni

Festival 1998Caterina Fantoni/Francesca Amat

Break my heart

Dentro di noi l’amore può percorrere le strade più impensate. I vincoli che tengono due persone unite sono condizionati dall’esterno, ma le ragioni più salde sono profonde e non rispondono a nessuna logica razionale. Così la breve storia raccontata da Wesker riesci a portare alla luce una relazione violenta e incomprensibile, che la ragione condanna, ma quel senso dell’amore più profondo comprende e con-patisce.
Maeve e Micheal sono i personaggi della vicenda. Vivono nella periferia di una cittadina industriale del Galles. Lui lavora come assemblatore in una ditta che produce lavorati in legno. Lei lavora in casa. Vivono in una casa popolare. Lei ha ricavato un piccolo studio nel sottotetto. La narrazione va direttamente dentro i momenti più forti, senza preamboli. Questo spiega la brevità e la completezza della scrittura.

di arnold wesker
traduzione e regia pietro bontempo
scene francesco ghisu
costumi gabriella lurenzi
aiuto regia paolo migneco
interpreti elgiana popova, vanni fois

Festival 1998Beat ’72

Beat ’72

Il Beat ’72 fu uno dei primi centri teatrali di ricerca dedicato al teatro e alla poesia e ad altre rappresentazioni artistiche, tuttora attivo e in pieno sviluppo, istituito a Roma nel 1964 nei locali di via Belli per intraprendenza di Ulisse Benedetti che ne assunse la direzione per gli anni a seguire. Tra gli artisti che lavorarono e si esibirono al Beat 72 figurano Carmelo Bene, Franco Molé, Cosimo Cinieri, Otello Sarzi. Negli anni a seguire il centro di ricerca organizzerà manifestazioni culturali, festival e rassegne, fornendo in primo luogo promozione e sostegno a un’infinità di artisti tra cui Memè Perlini, Giuliano Vasilicò, Bruno Mazzali, Valentino Orfeo, Simone Carella, Mario Romano, Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari, Paolo Bologna, Federico Tiezzi, Sandro Lombardi, Ennio Fantastichini, Roberto Benigni, Mario Martone, Claudio Boccaccini.

Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1998 con Break my heart e del 1999 con Il linguaggio della montagna

Jérôme Bel

Jérôme Bel è diventato uno spettacolo di culto e il suo autore un vero caso della danza contemporanea. Bel osa l’azzeramento di tutto ciò che è dato per acquisito in uno spettacolo radicale e poetico. Nel titolo è già dichiarata la volontà dell’autore di non nascondere il proprio pensiero e la propria singolarità dietro alcuna metafora. Bel risponde all’inflazione di effetti scenici con una totale spoliazione di mezzi che rimanda ai corpi nudi dei danzatori. Un atto estetico ed al tempo stesso politico di autenticità e di ricerca forse impossibile di verità del corpo.

coreografie Jérôme Bel
con claire haenni, yseult roch, gisele tremey, eric affergan, frederic seguette

Festival 1998 – Jérôme Bel

Jérôme Bel

Jérôme Bel, coreografo e regista francese, vive a Parigi e lavora a livello internazionale. L’insieme della sua opera coreografica si pone in osservazione delle convenzioni dello spettacolo, analizzandolo nella sua pura materialità. Dopo gli studi al Centre National de Danse Contemporaine di Angers e varie esperienze come danzatore, ha dato vita alle sue prime creazioni, Nom donné par l’auteur (1994), Jérôme Bel (1995) e Shirtology (1997), che esplorano il grado zero della danza. Con The last performance (1998) cerca di definire un’ontologia della performance. Seguono il solo Glossolalie, scritto per lui da Myriam Gourfink, e lo spettacolo Xavier Le Roy (2000) firmato da Bel ma in realtà creato da Xavier Le Roy, indagine sulla proprietà intellettuale. The show must go on (2001) performance corale per 19 canzoni pop, dopo una tournèè mondiale entra nel repertorio della Deutsches Schauspielhaus di Amburgo. Nel 2004 è invitato a produrre uno spettacolo per il balletto dell’Opéra di Parigi, Veronique Doisneau, che apre una nuova prospettiva di lavoro con la serie di produzioni che interrogano l’esperienza e il sapere degli interpreti: Véronique Doisneau (2004), Isabel Torres (2005), Pichet Klunchun and myself (2005), Lutz Förster (2009) e Cédric Andrieux (2009). Nel corso del 2009 pubblica l’edizione multimedia su piattaforma web Catalogue raisonnè, 1994-2005. Nel 2010 mette in scena Un spectateur, pièce interpretata dallo stesso Jérôme Bel in cui ricostruisce le esperienze che lo hanno segnato come spettatore. La ricerca sulla democratizzazione della danza prosegue con Disabled Theater (2012), un lavoro con gli attori professionisti handicappati mentali del Theater Hora, e Cour d’honneur (2013), che porta in scena 14 spettatori della Corte d’Onore del Palazzo dei Papi di Avignone. Da ricordare anche 3Abschied (2010) in collaborazione con Anne Teresa De Keersmaeker a partire da Chant de la Terre di Gustav Mahler.

Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1998 con Jérôme Bel

Physis

La passione, l’energia vitale, il fuoco del vulcano, il vento e la forza della leggerezza dell’aria, la fluidità e la tremenda potenza dell’acqua, l’universo dei rumori e della voce, il ritmo che è della terra. Una coreografia in quattro quadri per trovare la qualità del movimento interiore ed esteriore intorno ad un’idea della giovane Rebecca Murgi, si è riunita un’équipe di giovani talenti provenienti da diverse parti d’Italia e da formazioni e culture gestuali molto diverse. La danza moderna e quella classica, il gesto drammatico e le arti marziali accompagnano e caratterizzano l’individualità dei cinque danzatori nello spettacolo Physis alla ricerca e scoperta di un esaltante percorso dentro e quattro elementi della natura. La musica di Dick Van Der Harst, eseguita dal vivo, scandisce i quattro quadri dello spettacolo.

coreografie marco caporale, alessandra fazzino, marcello moschella, rebecca murgi, silvia traversi
musiche originali dick van der herst
danzatori rebecca murgi, silvia traversi, alessandra fazzino
disegno luci paolo manti
costumi cristina messora
ufficio stampa chiara bachetti, anna fantinel, beatrice giongo
assistente alla produzione elena dalla palma, gigi mattiazzi
direttore di produzione massimo mancini
regia rebecca murgi
assistente alla regia paola bartoletti
con marco caporale, alessandra fazzino, marcello moschella, rebecca murgi, maarten ornstein, joshua samson, silvia traversi e dick van der herst
collaborazioni associazione inteatro, het muzeek lod – gent, comune di maiolati spontini, tee soc. coop

Festival 1998Rebecca Murgi

Stasimi

L’eclettica compagnia riminese, abituata a lavorare con la musica e le tecnologie, presenta a Polverigi un allestimento di una spazio all’interno del quale, nell’arco di due giorni e due notti, sarà possibile accedere ai materiali di lavoro su Baccanti. Ciò che viene realizzato è un ambiente acustico multicanale controllato via computer per la spazializzazione del suono in tempo reale, dove frammenti del testo originale greco sono campionati e ricomposti a definire una innovativa drammaturgia dell’ascolto. Il suono è la tragedia stessa: più che tragico il suono è pre-tragico, e la musica è in grado di generare il mito che esprime per simboli la conoscenza dionisiaca.
Stasimi è un’architettura di stratificazioni di senso, fatta di corpi, gesti, suoni, immagini digitali e voci. Memoria e presente, tempo individuale e collettivo, producono un’esperienza sensoriale ed estetica; la metrica del chòros fa da riferimento per lo sviluppo di una prassi esecutiva applicata al testo in italiano, appositamente scritto per questo progetto. Una rilevanza particolare è data al naturale incontro tra tragedia e tecnologia, ciò che sottolinea non tanto il carattere innovativo dell’utilizzo di tecnologie sulla scena, quanto piuttosto il rapporto di continuità con una concezione del teatro e della macchina scenica profondamente classica e per questo tecnologica.

di isabella bordoni e roberto paci dalò
interpreti rita maffei, fabiano fantini
disegni oreste zevola
disegno luci fabrizio crisafulli
tecnico luci tommaso rossi
computer consulting enrico marchesin
musica e regia roberto paci dalò
testo e regia isabella bordoni
organizzazione daniela leardini
assistenti maren simonetti, lotte stoops
coproduzione inteatro

Festival 1998Giardini pensili

Giardini d’acqua

Tratto dal testo inedito in Italia di Daniel Pennac “Qu’est-ce que tu attends Marie?”, Giardini d’acqua è uno spettacolo tre teatro e danza, dove le parole e le immagini si trasformano in gesti e movimenti, e dove la musica fonde il tutto in un amalgama evanescente ed etereo, in un’atmosfera rarefatta e sfuggente. Un semplice dialogo tra una voce sconosciuta e Marie, una donna in attesa di un ricordo si trasforma in sogno, ipnosi e malia. La memoria raccoglie immagini sparse nel tempo, la propria storia personale di affetti, dolori, sensazioni. I personaggi sono colti nel momento in cui il pensiero attraversa la loro mente: lo sguardo sembra perso lontano, ma gli occhi cercano un appiglio, forse un altro sguardo, per ritrovarsi e scoprire dov’è fuggito il pensiero. Un pensiero volatile, evanescente, che cerca di dare forma al ricordo. Giardini d’acqua sembra così sfidare le costrizioni temporali che regolano il sonno e la veglia, la vita vissuta e quella sognata, giungendo a scoprire che “Rever et reveler c’est à peu prés le meme mot”.

drammaturgia e regia giorgio gallione
coreografie claudia monti, giovanni di cicco
costumi val eri
musiche paolo silvestri
con daniela biava, giovanni di cicco, valentina farone, riccardo maranzana, claudia monti, rosanna naddeo

Festival 1998Teatro dell’Archivolto/Compagnia Arbalete