Nekyia. Inferno Purgatorio Paradiso

Esito finale ed estrema sintesi della lunga ricerca sulla Divina Commedia condotta nel corso di quattro anni.
Come sempre nel lavoro del Lemming è in atto un’intelligente riscrittura drammaturgica e l’architettura letteraria diventa modello di un’opera comunque libera e reinventata, che cerca di ricollocare la “cattedrale” dantesca nel nostro tempo.
Lo spettacolo rivive in modo originale l’incontro con uno dei testi classici della letteratura italiana, per sperimentare dal vivo le paure, i dubbi, i turbamenti del percorso dantesco.
Una esperienza indimenticabile ed emozionante, in cui tutti i sensi vengono coinvolti. Nekyia (in greco: viaggio per mare di notte o discesa agli Inferi) è un viaggio per 17 spettatori, durante il quale a ciascun partecipante viene chiesto di rimettere in gioco concretamente il proprio ruolo e la propria funzione: dalla solitaria passività iniziale (Inferno), fino a diventare attori di un gioco comune (Paradiso) il cui fine ultimo è quello di ripensare il Teatro come rito collettivo.

Con: Antonia Bertagnon, Diana Ferrantini, Massimo Munaro, Chiara Elisa Rossini, fiorella Tommasini, Silvano Rossignoli
Musiche e regia: Massimo Munaro

 

Teatro del LemmingFestival 2006

Come ordini urlati in una tempesta di vento

Con lo spettacolo Come ordini urlati in una tempesta di vento Gaglianone esce allo scoperto assieme alla compagnia Ilbuiofuori, gruppo eterogeneo di artisti che assieme al filmmaker da anni pratica una sorta di teatro della clandestinità rappresentando gli spettacoli in luoghi “vietati” come i rifugi della seconda guerra mondiale.
Il lavoro nasce dalle suggestioni evocate dall’opera poeatica di Malcolm Lowry, scrittore denso e seducente, non a caso circondato da un’aura mitica, e autore di Sotto il vulcano.
I suoi disturbi mentali, accentuati dall’abuso di alcool, influenzarono molto il lavoro di Lowry, che morì nel Sussex nel 1957 per una dose eccessiva di sonnifero.
Nello spettacolo l’ironia grottesca dell’autore e la sua lucidità disperata si materializzano tra giochi di luce, ombre e apparizioni che rimandano al linguaggio cinematografico di Gaglianone.

regia_Daniele Gaglianone
con_Diego Canteri, Pietro Casella, Evandro Fornasier, Francesco Lattarulo, Fabrizio Nicastro, Claudio Zanotto Contino
voce off_Raffaella Tommasi
musiche e suoni_Massimo Miride
scena_Enrico Saletti
costumi_Lina Fuca’

 

Daniele Gaglianone / IlbuiofuoriFestival 2006

 

Metallo

Dopo l’ottimo consenso di pubblico e critica ottenuto con lo spettacolo Quartetto d’ombre, con questo nuovo progetto Michele Bandini ed Emiliano Pergolari affrontano, anche in veste di autori, le figure e il mito di Eteocle e Polinice. “Nel mito, a partire da Eschilo e passando per Sofocle ed Euripide, i due appaiono come stretti in una morsa, in un abbraccio terribile che lega l’uno all’altro; quello della maledizione, del destino tragico, che li spinge ad uccidersi vicendevolmente, essendo al tempo stesso innocenti e colpevoli, vittime e carnefici, chiamati ad espiare i peccati dei padri”.
Fratelli dannati in una cava di pietra e di metallo, occupati senza sosta da un lavoro indefinito, da una lotta incessante, da una estenuante ricerca di senso e di pace tra le macerie del teatro e gli echi del mito.
– E Antigone?- si chiedono i due…
Di Antigone, nessuna traccia, solo grida, fruscii, lamenti…
Il tiranno contro il rivoltoso, l’onorato contro l’insepolto, l ‘ingiusto contro il sanguinario…
Eteocle e Polinice, i due fratelli di Antigone, fratelli simili e diversi, legati da un laccio sanguigno che strappano contro natura: tradiscono e cacciano il padre/fratello e si uccidono l’un l’altro per brama di potere… eternamente divisi fra amore fraterno e  odio fratricida.
Eteocle il tiranno si appropria del trono di Tebe e caccia il fratello…
Polinice il ribelle reclama il regno con l’aiuto dell’esercito Acheo…
Lo scontro tra i due e la morte di entrambi: Eteocle sarà sepolto secondo gli onori dovuti ad un re; Polinice, invece, sarà lasciato insepolto nella piana, presso le rupi, fuori dalle mura della città vittima dei corvi; Antigone, la sorella, in nome dell’amore fraterno tenterà di seppellirlo violando la legge e andando così incontro alla morte.
Col ferro delle mazze e degli scudi i due firmano la loro pace ponendo fine all’amara contesa, col ferro i due colpiscono la pietra, unica ossessione rimasta ai fratelli imprigionati nei sepolcri paterni…

scritto e interpretato da_Michele Bandini e Emiliano Pergolari
diretto da_Michele Bandini, Emiliano Pergolari, Maurizio Lupinelli
con musiche eseguite dal vivo da_Francesco Bigoni
tecnico audio-luci Mirco Duvalloni
si ringrazia Pietro Pagnanelli per la supervisione tecnica.
In collaborazione con il Comune di Foligno e con il sostegno della Regione dell’Umbria – Assessorato alla Cultura progetto interregionale “Quattro Regioni al centro della scena

 

ZOEteatro / Teatro Stabile dell’UmbriaFestival 2006

Mi madre y yo

Due donne sul palcoscenico. La prima, Sonia Gómez, 33 anni, si è imposta all’attenzione internazionale quale uno dei migliori talenti della nuova danza catalana. Rosa Vicente, che di anni ne ha 68, è attrice e madre della giovane coreografa: una signora rispettabile dalla grande comunicativa che dalla cucina di casa arriva sul palcoscenico non senza prima aver preparato qualche biscotto per il pubblico. Senza falsi pudori, le due donne dimostrano una Spagna moderna e senza complessi e raccontano in assoluta libertà i loro rapporti con la famiglia, il proprio corpo, gli uomini. Al di là dei soliti cliché, ironizzando tra corride e nacchere, Sonia Gómez fa una analisi sottile di una società sempre più compromessa dai reality show. In Mi madre y yo l’intimità e l’ironia prendono in contropiede l’indecenza e il voyerismo. Un momento di poeasia, di sorrisi e di emozioni che può riassumersi nella dichiarazione d’amore di una figlia verso sua madre.

con_Rosa Vicente, Sonia Gómez Vicente
coreografie e testi_Sonia Gómez
musiche_beach boys tina turner janette mysterymen kraftwerk plastikmen
video_Txalo Toloza Paula Vazques
produzione_M.O.M / El vivero.
con il sostegno di_INAEM-Ministerio de Cultura

 

Sonia GómezFestival 2006

Wewilllivestorm

Il presupposto di base è la critica all’opera di W. Carlos Williams: “Non ci sono idee, eccetto quelle all’interno delle cose stesse”. Mostrando materiali inutili, vogliamo creare un punto di vista alternativo: quando si lavora con materiali di valore, si apprezza l’opera secondo una definizione familiare di qualità. E la nozione di qualità neutralizza la propria libertà. Io cerco di destabilizzare le definizioni radicate. Voglio creare la possibilità di trattare qualità e valore in modo diverso.
Ci sono due esemplari di ogni oggetto, che si avvicinano costantemente l’uno all’altro. Questo è ciò che lo spettacolo vuole mostrare: l’andare ed il tornare da un estremo all’altro, con infinite possibilità tra i due punti. Io non parlo; piuttosto voglio che siano gli oggetti a parlare. Non voglio fingere nulla. Voglio rimanere nello spazio tra il per e il contro, il si e il no, il duro ed il morbido, tra la ribellione e il conformismo. Io non sono il punto di vista di una narrazione. Non sono un politico. Non rappresento nulla e la mia opera non è una critica istituzionale o commerciale. Non intendo essere contro nulla. Voglio semplicemente mostrare qualcosa.
In questo momento tutto gira attorno all’offerta e alla generosità. Dare diventa un’alternativa al consumo, un formalizzato impegno politico. Dare diventa un atto sovversivo, un’opportunità di offrire una resistenza.

di_Benjamin Verdonck e Valentine Kempinck
con_Benjamin Verdonck, Herman Verdonck
musiche_Miguel Horacio Sosa
produzione_Nieuwpoorttheater

 

Benjamin VerdonckFestival 2006

Visita guiada

Da una busta di plastica ecco che esce una manciata di oggetti di tutti i giorni come fazzoletti, fiammiferi e sigarette, tamponi e caramelle. Prodotti utili e usati quotidianamente, a cui siamo abituati, a cui non pensiamo neanche. Una seconda pelle per così dire, o una specie di abbigliamento generale che è leggermente meno superficiale dei soliti abiti o delle solite calzature. Prodotti che sono infatti disegnati per avere un rapporto estremamente intimo con i nostri corpi, anche per mantenere una certa estetica e un modo di presentarci. Questo è il motivo per cui i loro ruoli non dovrebbero essere sottovalutati all’interno del gioco. Tutti questi oggetti, dal più interessante al più banale, hanno qualcosa da dire sulla biografia del nostro corpo, ed è precisamente per questo motivo che questa tragica performance si compie nello spazio scenico all’interno di una busta di plastica. Un corpo che è sia un prodotto che un produttore di panorami, discorsi e gerarchie, come quelle che dividono il Nord ed il Sud, l’età adulta e l’infanzia, le donne e gli uomini, i vivi e i morti. Paesaggi e discorsi che identificano questa parte per contrapporla a quella parte. Poiché l’immagine che si ha del proprio corpo, ciò che si fa con esso, la rappresentazione che ognuno ne ha, e quella che ognuno vive al suo interno, tutto ciò è fatto nello spazio di una certa cultura. E questa determinata cultura è sviluppata secondo regole di produzione che influiscono sul corpo e alle quali il corpo viene associato. Questo è vero, certo, ma alla fine, chi produce chi?

ideazione, testi_Cláudia Dias
con_Cláudia Dias
scene e disegno luci_Walter Lauterer
audio_André Pires
musiche_“discombobolating” de noid aka / Arnold Haberl
direzione tecnica_Pedro Machado
preparazione artistica_João Fiadeiro, Olga Mesa, João Queiroz.
produzione RE.AL
con il sostegno di_Centre Choréographique National de Montpellier, Forum Dança, Companhia Teatral do Chiado, Lusitânia Companhia de Seguro.

 

Cláudia DiasFestival 2006

Hurry up!

Un treno, un viaggio, le vite di tante persone di culture e stili di vita differenti che si intrecciano per un breve periodo di tempo. Ciascun passeggero ha la propria storia; tutti hanno un fine comune: il raggiungimento della stazione di arrivo. Dopo un primo periodo di adattamento, il viaggio scorre comodo e piacevole, ma nessuno sa attraverso cosa e dove realmente li porterà il convoglio….
Metafora delle inquietudini contemporanee del mondo nel quale viviamo, il treno corre veloce sui binari, sembra rallentare, ma riprende ancora più forte l’inarrestabile movimento.

regia, coreografia, ideazione: Svetlana Djurović
musica: Jean-Marc Zelwer
suono: Svetlana Djurović
video art: Ranko Lasica
danzatori: Sanja Janjin, Tajana Cvjetkovic, Ana Dubljević, Andrea Mladenovic, Biljana Kitic, Ranko Lasica
cameraman: Anja Djurovic

 

Perpetuum Dance CompanyFestival 2007

Il viaggio di Girafe. Al ritmo dei perditempo

Una tenda, uno scrigno di piccole invenzioni teatrali, sarà l’affascinante micro-cosmo che accoglierà gli spettatori che assisteranno a IL VIAGGIO DI GIRAFE, uno spettacolo sul viaggio, sulla moda degli animali esotici che nacque nell’Europa dell’Ottocento, sull’amore per la poesia di un gruppo di girovaghi alle prese con un’impresa folle e memorabile: riportare in Africa la giraffa che nel 1824 venne donata al Re di Francia.
Roberto Abbiati, tra i più originali interpreti di un teatro di sogni e di poesia, costruisce nel suo racconto un caleidoscopio in bilico tra risata e tenero sorriso, tra meraviglia e invenzione. Pavese, Rimbaud, Ungaretti, Brauquier, Caproni, Orsenna e molti altri autori e poeti entrano in questo caravanserraglio ambulante, che – anche grazie agli oggetti immaginati dall’autore e alla sua verve da rockstar – per poco meno di un’ora incanta e diverte.
IL VIAGGIO DI GIRAFE parte da una storia realmente avvenuta, che vede nel 1824 il pascià d’Egitto e il console francese al Cairo protagonisti di un incidente diplomatico tra Africa ed Europa. I due decidono di risolverlo con un colpo di scena: regalando al re di Francia una giraffa, animale favoloso che fino ad allora in Europa solo Giulio Cesare e i Medici avevano posseduto.
Da qui, e da quella che divenne nell’Ottocento la “moda della Giraffa” – un fenomeno di costume che vide crescere fortemente l’interesse per gli animali esotici -, Abbiati è partito per costruire uno spettacolo che ribalta completamente la vicenda dello storico viaggio dell’animale, che in due anni arrivò dal Sudan a Parigi, passando da Alessandria d’Egitto, attraversando il Mediterraneo e Marseille.

con: Roberto Abbiati, Alessandro Calabrese, Luca Salata
regia: Carlo Rossi
drammaturgia: Roberto Abbiati, Francesco Niccolini
luci e direzione tecnica: Silvio Martini
scelte musicali: Fabio Besana
traduzione francese: Sara Rossi
una produzione 369gradi e Armunia
si ringrazia il Carro di Jan

 

Roberto AbbiatiFestival 2007

Peep sorrow

Peep sorrow si confronta con la necessità morbosa di sbirciare dentro le vite degli altri, e solleva interrogativi sulla sessualità, l’intimità, il confine tra pubblico e privato.

ideazione e coreografia: Dalija Aćin
con: Ana Ignjatović e Dalija Aćin
musica: Andrej Aćin

 

Dalija AćinFestival 2007

Las sin tierra. 7 intentos de cruzar e estrecho

Performance basata su due concetti fondamentali: l’identità e la divisione delle risorse nel pianeta. Inizia come una riflessione sui grandi spostamenti umani: sui processi migratori dalle zone rurali alle città e dai paesi in via di sviluppo a quelli industrializzati, sulle nuove dinamiche e sulle relazioni che si creano tra le comunità che ricevono e quelle che si sono insediate recentemente. In scena sono una attrice ed una performer con due linee di azione parallele strutturate in intervalli di 3 minuti. La linea d’azione dell’attrice riflette sopra l’identità e sulla sua biografia. La linea d’azione della performer è basata nella divisione delle risorse del pianeta, contestualizzata a livello locale e globale. L’unica relazione che lega le due donne in scena è lo spazio condiviso.

ideazione: Rosa Casado, Jill Greenhalg, Mike Brookes, Rocío Solís
con: Rosa Casado, Rocío Solís
regia: Jill Greenhalgh
spazio: Mike Brookes
spazio sonoro: Luis Fernández
produzione: Nomad teatro
con il sostegno di Junta de Andalucía, Aula de Teatro de la Universidad de Cantabria, Magdalena Project, Odin Teatret

 

Rosa CasadoFestival 2007