Scadenze è ispirato a Vite a scadenza di Elias Canetti, i cui personaggi vivono in una atmosfera di felicità artificiale che proviene loro dalla certezza del futuro. Svegliarsi al mattino e sentirsi chiamare Ventisette anziché Andrea o Maria può essere un bel gioco ma, se si è consapevoli che il numero degli anni corrisponde alla propria vita, che sensazione si prova realmente? Da una parte dunque la sicurezza, dall’altra il rischio; la calma e l’agitazione; la tranquillità e la frenesia. Quale mondo scegliere? In un futuro remoto vivono persone che conoscono la durata della loro esistenza ed i cui nomi sono cifre che corrispondono al tempo di vita loro assegnato. Ventisette e Settantadue, di professione agrimensori, si apprestano ad iniziare un’altra giornata di lavoro nei campi. Una giornata diversa, perché precede l’ultimo compleanno di Ventisette. Ma anziché provare invidia e risentimento per Settantadue, al quale è stata destinata una vita assai più lunga, Ventisette trova nel rapporto di solidarietà con l’amico l’energia per reagire. Insieme scopriranno che sono esistiti un mondo ed un tempo dominati dal caso e dall’incertezza e ne verranno così intensamente attratti da vedere esaudito il loro desiderio di essere partecipi di quella dimensione così diversa.
Scadenze si muove in equilibrio perenne tra parola, suono e movimento, in una storia troppo drammatica per essere recitata compiutamente attraverso un testo e troppo mentale per essere trasformata in pure immagini.
Teatro La Ribalta
La Ribalta è un gruppo di teatro per ragazzi i cui componenti provengono da diverse esperienze artistiche. La loro ricerca teatrale è fondata sul gusto per l’immagine, il movimento coreografico, il piacere della musica e il lavoro dell’attore.
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1991 con Scadenze e del 1998 con Personnages
A cardboard box
In A cardboard box una storia che segue uno sviluppo narrativo tradizionale diventa materia di una compatta composizione drammatica che si inspira al melodramma, al teatro naturalista, in uno straordinario e avvincente pastiche diretto da Branko Brezovec. Al centro the A cardboard box è la storia di Dervish, un uomo che deve il nome alla sua diversità e alla scelta di solitudine come unica via di comunicazione con se stesso e di risoluzione del rapporto con gli altri; ma le diverse esperienze di cui sarà protagonista finiranno per travolgerlo con incredibile velocità attraverso un vorticoso susseguirsi delle scene. Il testo di Irfan Bellur, da cui è tratto lo spettacolo, è pervaso da un’etica profonda, in cui tutta la realtà e l’esperienza della vita vengono suddivise e ordinate tra bene e male e lo sforzo è perennemente quello di far trionfare il bene. Le originali soluzioni di regia ideate da Branko Brezovec finiscono per provocare e colpire il pubblico, come di solito avviene assistendo agli spettacoli di questo giovane regista.
testo di irfan bellur
con elyesa kaso, salaettin bilal, bediha begovska, mukerem bilal, atilja klinthe, musthafa jashar, musheref lozana, bekir nuredini, mimoza cukic
musiche di cavis nera, ritual nova, philip glass, kinks
coreografia di jasna knez
luci di rujdi aliu, ahmet sabit
suono di fahredin bushi
immagini di ramadan ibraim
regia di branko brezovec
Turkish Theatre
Il Turkish Drama di Skopje è l’unica formazione professionale in lingua turca fuori della Turchia.
Il teatro fu dapprima intitolato Minority’s National Theatre e aveva 2 gruppi di recitazione. Il gruppo turco era formato da 15 attori maschili e 2 femminili, e il gruppo albanese aveva 15 attori maschili e 4 femminili. Entrambi i gruppi hanno avuto le loro prime rappresentazioni nel luglio 1950.
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1991 con A cardboard box
Enciclopedia
Nell’assolo danzato intitolato Enciclopedia, Castello inscrive in una struttura enciclopedica una serie di brevi coreografie realizzate con differenti stili di danza. I titoli di ogni intervento, annunciati nel buio prima di ogni pezzo, costituiscono la chiave interpretativa dell’azione danzata, che con garbo e ironia recita il Destino e il Dolore, l’Ignoto e la Passione, il Peccato e l’Uomo.
Castello “sfoglia la sua enciclopedia” con sottile umorismo, passando in rassegna l’intero repertorio della storia della danza, e combinando con misura elementi di danza classica e popolare, pose da popstar e studi motori su singole parti del corpo. In questo spettacolo ci appare intento a consultare un suo personale vocabolario cui, tra la serietà dell’essere e la gioia di vivere, si inseriscono con ammiccante ironia anche tequila e tabacco.
spettacolo concepito ed eseguito da roberto castello
musiche di daniele bertotto, duo dagda, aa.vv.
custumi di maria de jong
luci di ilda rosati
Roberto Castello
Nei primi anni ‘80 danza a Venezia nel “Teatro e danza La Fenice di Carolyn Carlson”, dove realizza le sue prime coreografie.
Nel 1984, è tra i fondatori di Sosta Palmizi.
Nel 1993 fonda ALDES.
Riceve svariati premi, tra cui il Premio UBU nel 1986 e nel 2003 (“Il Cortile” / “Il migliore dei mondi possibili”).
Dal 1996 è curatore di varie manifestazioni e rassegne e, dal 2005 al 2015, è docente di coreografia digitale presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano.
A partire dal 2008, con ALDES, cura il progetto “SPAM! rete per le arti contemporanee” nella provincia di Lucca, ospitando residenze, una programmazione multidisciplinare di spettacoli, workshop, attività didattiche, incontri.
Durante la sua carriera, collabora, tra gli altri, con Peter Greenaway, Eugène Durif, Rai3 / Fabio Fazio e Roberto Saviano, Studio Azzurro.
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1991 con Enciclopedia e del 1995 con Siamo qui solo per i soldi
S.O.S.
Sulla scena di S.O.S. due danzatori eseguono movimenti di danza accompagnati da un testo di Franz Mon, sulla base di una composizione musicale. Il lavoro dosa perfettamente danza, suono e testo in un’opera che oltre ad essere formalmente perfetta, è in grado di suscitare emozioni.
Sul palcoscenico spoglio e con mezzi ridotti al minimo indispensabile la figura umana diviene l’elemento trascinante dello spettacolo attraverso un intenso e sapiente uso del linguaggio del corpo.
con dieter baumann e jutta hell
voce recitante eberhard blum
musica di ronal steckel
scene di ursula sax
coreografia di gerhard bohner
Gerhard Bohner
Gerhard Bohner è nato a Karlsruhe nel 1936, dove ha frequentato la scuola di danza tra il 1954 e il 1958, prima di continuare gli studi presso lo studio berlinese di Mary Wigman.
Dopo i primi impegni professionali a Mannheim e Francoforte sul Meno tra il 1958 e il 1961, Tatjana Gsovsky lo ha invitato a far parte della Deutsche Oper Berlin come membro del gruppo nel 1961 e lo ha promosso a solista nel 1964. Con la compagnia di Gsovsky, il Berlin Ballet – descrivibile come teatro drammatico-avantgardistico di danza – è stato introdotto a una varietà di diverse forme di espressione e ha partecipato a molte esibizioni nazionali e internazionali. Nel 1964, Bohner iniziò a lavorare in modo indipendente come coreografo e vinse il secondo premio (direttamente dopo Pina Bausch) al Concorso coreografico della Summer Dance Academy di Colonia nel 1969. Forse la sua coreografia di gruppo più importante, The Tortures of Beatrice Cenci, fu presentata in anteprima 1971. La produzione è andata in tournée, rendendolo un coreografo internazionale di primo piano.
Nel 1972, e ancora nel 1992, ha ricevuto il German Critics Association Award. Tra il 1972 e il 1975 è stato direttore artistico del Tanztheater di Darmstadt. È stato anche direttore artistico del Tanztheater di Brema tra il 1978 e il 1981, insieme a Reinhild Hoffmann, dopo di che ha vissuto come coreografo indipendente a Berlino, dove ha collaborato in molte occasioni con l’Accademia delle arti. Queste joint venture hanno dato vita a una serie di eccezionali pezzi solisti che hanno girato in lungo e in largo fino a poco prima della sua morte.
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1991 con S.O.S.
Conferencia en rinolacxia
Los Rinos mettono in scena uno spettacolo pirotecnico, una sorta di grande cabaret surreale, in una atmosfera pericolosamente in bilico tra David Lynch e Pedro Almodovar.
Creatori onnivori pronti a restituire influenze di diversa origine, dai miti classici al circo, dai film dell’orrore ai video pornografici, dalla canzonetta italiana ai cartoni animati, all’opera, al folklore, sempre alla ricerca di un impossibile spettacolo totale, Los Rinos vomitano sul palcoscenico tutto ciò che hanno ingurgitato con voracità cannibalesca; cosicché con l’ombra di Faust convivono personaggi improbabili in una irriverente parodia di tutti i possibili generi dello spettacolo. Con questo spettacolo di “varietà dell’universo parallelo”, Los Rinos vogliono evitare di assumere rigide regole di estetica adottando un’unica parola d’ordine: tutto vale.
autori Sergi caballero, pau nibiola, marcel.lì antunez, sixto pelaez
con los rios, sol pico
musiche di Jumo, sergi caballero, enric les palau
scenografia nico nubiola
costumi pau nubiola
luci ramon rey
suono mare sargà
regia di marcel.lì antunez
organizzazione elisabet vidal
Los rinos
Los Rinos era un gruppo di arte totale nato in Catalogna attivo tra il 1985 e il 1992 formato da Marcel.lí Antúnez Roca, co-fondatore di La Fura dels Baus, Sergio Caballero e il pittore Pau Nubiola. I suoi primi obiettivi ruotavano attorno ai graffiti. In seguito la sua attività si estende ad altri formati, dall’azione pittorica alla performance video, concerti, installazioni a parete e, infine, nel 1991, il cabaret. Il suo lavoro è considerato tra post-umorismo e provocazione nell’arte contemporanea. Dipinsero in spazi pubblici, facciate decorate con simulazioni meccaniche di una digestione, dipinti murali osceni di fronte alle scuole britanniche. È, dice il critico culturale Jordi Costa, una delle formazioni più bizzarre e aggressive delle avanguardie catalane.
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1991 con Conferencia en rinolacxia