I trionfi del teatro come potenza passiva, colpa e sconfitta
L’incontro con Leopold Von Sacher – Masoch era inevitabile per la Socìetas Raffaello Sanzio, se è vero che da Santa Sofia (1985) in poi lo schema fantasmatico e mitico dell’attore è stato quello della “colpa” di abitare il palcoscenico; colpa che viene ogni volta rivelata, così come la ripetizione infinita è propria del masochista. È grazie al punto di vista del masochismo che si può scandagliare il senso del palco, là dove il rifiuto, la sconfitta e l’umiliazione vengono messe in luce come potenza del teatro. Ed è sotto il segno della frusta vibrata dalla donna, che Masoch intende punire la propria somiglianza con il padre. La colpa è la particolare forma del suo trionfo. È con una madre “orale” che si può maternizzare l’oralità verbale dell’attore, e restituirgli un’autonomia rispetto al padre che, nella fattispecie, è l’autore.
Teresa Martin
La suicida della giustizia.
La scuola, chiamata “Scuola teatrica della discesa”, fu inaugurata dalla S.R.S. nel 1988 come luogo dove riposare e studiare (appoggiarsi a qualcosa). Venne fuori in modo sobrio e modesto, incapace di istruire allievi, incapace di trasmettere una tecnica, incapace di tutto tranne che di riposo in comune. Non vi è alcuna selezione, ma succede che si rimane in pochi. La “Scuola teatrice della discesa” non mostrerà dunque un saggio e neppure una rappresentazione che non sia la scuola stessa. Per una volta, qui, traslocherà dal suo luogo, e lo farà dando vita a un altro nome: Teresa Martin, la suicida della giustizia, un dramma scolastico.
libro di claudia castellucci
con matteo benini, giorgio bicchietti, chiara bocchini, francesca calisti, chiara di giacomi, mqria jesus echavarren, laura gatelli, bruna gambarelli, anita guardigli, cesare iacono, carla scala, fabiana terezi, paolo ugolini
cura gilda biasini, cosetta nicolini
produzione socìetas raffaello sanzio
Oratoria n. 6
Con evidenza per coloro che intendono.
Le oratorie sono discorsi apodittici dati in forma drammatica; sono le parole che accumulate durante la riflessione che i drammi generano, vengono date, spesso scaraventate, perché possano essere attaccate. Il loro modo non è la poesia. L’Oratoria qui proclamata darà via libera all’animale, colui che, povero di mondo, ci insegna la voce che viene prima del linguaggio. Ed è plausibile che ha questa voce si associ la musica suonata e cantata immediatamente.
Amleto
La veemente esteriorità della morte di un mollusco.
Dopo l’abiura del linguaggio e del libro,ecco che il fondamento mitico getta le proprie basi nel punto centrale della storia della letteratura teatrale, e va ad occupare il testo regale della tradizione occidentale: l’Amleto di Shakespeare. Di fronte a questa strana confluenza, chiamata a originare una vertigine del senso, si vuole dimostrare l’affermazione della via mitica anche nel testo più sedimentato della storia del teatro occidentale. Spogliando Amleto del suo testo, ciò che rimane è lo stesso senso dell’essere attore, lo stesso uso del teatro come arma.
amleto di romeo castellucci
regia di romeo castellucci
con paolo tonti, stefano cortesi, febo del zozzo
ritmo drammatico chiara guidi
melodia Claudia castellucci
tecnico uria comandini
cura gilda biasini, cosetta nicolini
produzione socìetas raffaello sanzio e wiener fest wochen
Lucifero
Quanto più una parola è vecchia, tanto più va a fondo.
libro di claudia castellucci
regia di romeo castellucci
con claudia castellucci, chiara guidi, romeo castellucci, stefano cortesi, febo del zozzo, paolo tonti, franco santarelli
metallurgia stephan duve
tecnico uria comandini
cura gilda biasini, cosetta nicolini
produzione socìetas raffaello sanzio
Hänsel e Gretel
Hänsel e Gretel dei fratelli Grimm. Il teatro infantile è l’assunzione della fiaba come percorso percettivo e drammatico per l’infanzia e nell’infanzia. Non è mai uno spettacolo, ma uno spostamento estesamente cognitivo ed emotivo, forte e severo, come ci insegna il lungo gioco infantile. La fiaba qui alloggiata è la ricostruzione del labirinto topografico ed esistenziale della storia di Hänsel e Gretel. Questo teatro è fatto per essere visto solo dai bambini. O uomo, che bambino non sei, disponiti ad abbassare la tua testa come uno di loro se vuoi che ti venga concesso di entrare nella foresta assieme a loro.
disegno del percorso e regia chiara guidi, romeo castellucci
con paolo tonti, chiara bocchini, giunta biserna, claudia castellucci, romeo castellucci, chiara guidi, camilla cancellari, demetrio e teodora castellucci
arte del legno paolo guidi
arte del cucito chiara bocchini
cura gilda biasini, cosetta nicolini
produzione socìetas raffaello sanzo
con la collaborazione del teatro a. bonci di cesena
Taxi dancing
Con Tender i confini tra realtà e finzione diventano indistinguibili così come quelli tra attori e spettatori. Inaspettati e inconsueti, i Tender portano un po’ di teatro nella vita di tutti i giorni.
con Cilia Erens, Ellis Galesloot, Jacolien Honders, Marianne van Hooff, Rutger Jan de Lange, Garko Lutyen, Suzanne Meyroons, Els van der Monde
produzione Ad Rijsdijk, Melissa Snater, Gerard Tiben
manager Jannette Hoek
Tender
Il gruppo teatrale Tender era un collettivo di attori e mimi artisti come: Cilia Erens, Ellis Galesloot, Jacolien Honders, Marianne van Hooff, Rutger Jan de Lange, Anke Pluym e Ad Rijsdijk. Si uniscono in questo gruppo e si specializzano in interventi teatrali in luoghi sociali occupati. Tender rende teatrale un posto “invisibile” come un treno, un ufficio postale, una piscina e la strada.
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1992 con Taxi dancing
Studi per Enrico V
Un lavoro in progress. Un gruppo di attori alle prese con la tragedia shakespeariana ne provano una riscrittura per immagini e movimento. Un’occasione per conoscere il processo di scrittura scenica a partire da un testo classico.
da william shakespeare
regia pippo delbono
con pippo delbono, pepe roniedo, sebastiano aglieco, antonella galiè, gustavo giacosa, donatella sarao
Festival 1992 – Compagnia Pippo Delbono
Compagnia Pippo Delbono
Pippo Delbono, autore, attore, regista, nasce a Varazze nel 1959.
Negli anni 80 inizia gli studi di arte drammatica in una scuola tradizionale che lascia in seguito all’incontro con Pepe Robledo, un attore argentino proveniente dal Libre Teatro Libre (formazione teatrale attiva in Sud America negli anni 70 che utilizzava la creazione collettiva come mezzo di espressione e di denuncia della dittatura in Argentina). Insieme si trasferiscono in Danimarca e si uniscono al gruppo Farfa, diretto da Iben Nagel Rasmussen, attrice storica dell’Odin Teatret e per Delbono inizia un percorso alternativo alla ricerca di un nuovo linguaggio teatrale.
Delbono si dedica allo studio dei principi del teatro orientale che approfondisce nei successivi soggiorni in India, Cina, Bali, dove fulcro centrale è un lavoro minuzioso e rigoroso ,dell’attore sul corpo e la voce. Nel 1987 crea il suo primo spettacolo, Il tempo degli assassini e nello stesso anno incontra Pina Bausch che lo invita a partecipare a uno dei lavori del suo Wuppertaler Tanztheater. Questa straordinaria occasione segna una tappa fondamentale nel percorso artistico del regista.
Gli spettacoli di Delbono non sono allestimenti di testi teatrali ma creazioni totali, gli attori sono parte di un nucleo che si mantiene e cresce nel tempo. Già nella prima opera si definiscono i tratti di un lessico teatrale unico che rappresenta la peculiarità di tutte le creazioni seguenti.
Nel 1989 compone Morire di musica, una creazione poetica minimale e silenziosa, allestita in una grossa stanza piena di barchette di carta. Segue, nel 1990, Il Muro, il primo allestimento corale con attori e danzatori. Nel 1992 è la volta di Enrico V, tratto da Shakespeare, la sua unica opera ispirata a un testo teatrale.
Ne La rabbia, un omaggio a Pier Paolo Pasolini, creato nel 1995, si può riscontrare una modalità diversa di fare teatro, che si esprime compiutamente in Barboni (1997), vincitore del premio speciale Ubu 1997 «per una ricerca condotta tra arte e vita» e del premio della critica nel 1998. L’incontro con persone provenienti dai margini della società provoca una svolta nella sua ricerca poetica, nasce appunto Barboni (1997), lo spettacolo che vede protagonista Bobò .
Bobò è un piccolo uomo sordomuto, analfabeta, incontrato (in occasione di una attività laboratoriale) nel manicomio di Aversa, dove era stato rinchiuso per 45 anni. Pippo riconosce in Bobò e nella sua capacità gestuale i principi del teatro orientale. Gli elementi che Pippo aveva appreso dopo lunghi anni di training erano presenti come dote acquisita in Bobò, un attore capace di accompagnare con precisione il suo gesto teatrale nella totale assenza di retorica.
In seguito nello spettacolo Guerra (1998), si uniranno Nelson Lariccia un ex clochard dall’aspetto signorile e Gianluca Ballarè , un ragazzo down ex allievo della madre di Pippo, che l’aveva segnalato al figlio regista. Delbono non si riconosce dietro l’etichetta di “Teatro Sociale” e motiva la scelta di questi attori, perché ritenuti tra i più capaci ed abili ad incarnare la sua visione poetica di un teatro basato sulle persone e non sui personaggi, un teatro non psicologico, lontano dai cliché insegnati nelle scuole e nelle accademie.
Intorno a queste figure ed oltre alla presenza di Pippo e Pepe, si aggiungono via via altri attori che consolideranno il loro lavoro all’interno della compagnia, costituendone ancor’oggi il nucleo centrale: Dolly Albertin, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Gianni Parenti e Grazia Spinella.
In Guerra, del 1998 e nel successivo Esodo, si fa evidente il ricorso ad un linguaggio che si avvicina ad una sorta di composizione cubista, nello stesso periodo Delbono crea due composizioni corali, intitolate Itaca eHer bijt (formula di congedo in lingua curda, “che tu possa vivere per sempre”), entrambe indagatrici dei grandi spazi: la prima allestita nel cantiere navale di Pietra Ligure con quaranta persone, fra attori ed operai; la seconda, con attori, musicisti, extracomunitari e rom, composta per la Biennale di Venezia .
Nel luglio 2000 debutta nel comune siciliano di Gibellina Il silenzio, ispirato al terremoto del Belice del 1968; rappresentato sul “Cretto” dello scultore Alberto Burri, un grande sudario di pietra bianca che ricopriva la città in macerie.
Nel 2002 è la volta di Gente di plastica, al teatro delle Passioni di Modena, un universo visivo esuberante, che si fonde con la musica rock di Frank Zappa e il testamento poetico di Sarah Kane.
Nel 2003 la Compagnia Pippo Delbono va in tournée in Palestina e in Israele con lo spettacolo Guerra, ne nasce un film documentario dal titolo omonimo. Trae lo spunto per la sua prima regia cinematografica e l’anno seguente il lungometraggio Guerra conquisterà il premio Donatello come miglior film documentario 2004.
Urlo debutta al Festival di Avignone il 13 luglio 2004 alla Carrière de Boulbon (lo spazio reso celebre dall’allestimento del Mahabharata di Peter Brook). Lo spettacolo vede la partecipazione straordinaria di Umberto Orsini, Giovanna Marini e la banda della Scuola Popolare di Musica di Testaccio.
Nel giugno 2005 Delbono partecipa a una serie d’incontri sul tema dell’amore, doveva essere una conferenza si trasforma in un monologo Racconti di giugno. Pippo ripercorre la sua esperienza, gli incontri e le lotte tra la vita e il teatro e con lo stesso titolo la casa editrice Garzanti pubblicherà un libro nel 2008.
Nel 2006 crea Questo buio feroce mutuato dal titolo del libro autobiografico che racconta gli ultimi giorni dello scrittore americano Harold Brodkey, ucciso dall’AIDS. Un viaggio struggente al limite della vita e della normalità, intriso di storia personale e di splendide intuizioni elegiache che affronta il tema della morte con struggente delicatezza. Nello stesso anno viene presentato alla Festa del cinema di Roma il suo secondo lungometraggio: Grido. Una realizzazione autobiografica durata due anni, l’essenza di una storia di vita molto più lunga, che raggiunge l’apice nell’incontro con Bobò.
Segue nel 2008 La Menzogna uno spettacolo che risponde a un doppio appello. La crescita di un clima d’intolleranza in Italia nei confronti degli immigrati e la tragedia della morte di sette operai negli stabilimenti della Thyssen Krupp di Torino, la tristemente famosa fabbrica dove si lavorava in condizioni di sicurezza vergognose.
Nel 2009 realizza il suo terzo lungometraggio “a Paura, interamente girato con un telefonino, presentato nella sezione principale del festival di Locarno riceve il premio Boccalino d’Oro 2009 da parte della Critica Indipendente presenta inoltre il suo primo cortometraggio Blue Sofa firmato assieme a Lara Fremder e Giuseppe Baresi. Nello stesso anno a Wroclaw, Delbono, riceve il prestigioso Premio Europa come nuova realtà teatrale.
Nel 2010 la giuria internazionale del 32° festival del cortometraggio di Clermont Ferrand assegna il Grand Prix a Blue Sofa ed è la prima volta per un’opera italiana.
Nel 2011 al Teatro Verdi di Padova debutta il suo ultimo lavoro Dopo la battaglia, un’ulteriore omaggio agli ultimi che vede la partecipazione straordinaria del violinista Alex Balanescu e dall’etoile dell’Opera di Parigi Marie Agnès Gillot. Lo spettacolo viene da subito definito un inno all’amore guadagnandosi il Premio UBU 2011 come “Miglior Spettacolo”.
La Compagnia Pippo Delbono è stata ospite di diversi festival teatrali internazionali tra cui il Festival di Avignon che l’ha accolta per quattro volte, coproducendo lo spettacolo Urlo. Molti teatri hanno dedicato retrospettive ai loro spettacoli tra i quali il Théâtre du Rond Point di Parigi, il CCB di Lisbona, il Palais des Beaux Arts di Bruxelles, il Berliner Festpiele di Berlino, il Festival di Otono di Madrid. L’Enrico V, è stato rappresentato alla Royal Shakespeare Company di Stratford-upon-Avon.
La Compagnia Delbono, ha fatto tappa in più di cinquanta paesi al mondo rappresentando un caso unico nella storia del teatro italiano.
Per il Teatro Sperimentale di Spoleto ha realizzato l’opera lirica Studio per Obra Maestra.
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione del 1992 con Studi per Enrico V