Let my body be! è una azione corale ideata dal coreografo e artista visivo Salvo Lombardo. La performance parte dal desiderio di riposizionare i corpi e il loro farsi presenza e azione incarnata al centro della scena del mondo per ricominciare a pensare la corporeità come espressione del proprio diritto alla cittadinanza, del proprio desiderio di essere-sociale. Let my body be! è pensato come un momento di abitazione collettiva dello spazio pubblico a partire dai corpi e dal loro muoversi e respirare insieme. L’azione consiste in una pratica partecipata e guidata attraverso una serie di semplicissime indicazioni in cuffia, che orientano i corpi nella costruzione di una esperienza che in una prima fase è incentrata su una attivazione autonoma degli input e che gradualmente conduce il gruppo di partecipanti alla costruzione di una azione corale. La partecipazione all’azione è rivolta ad un pubblico eterogeneo e non richiede abilità specifiche in ambito corporeo né performativo.
Uno spettacolo di fantascienza
Come si racconta la fine del mondo?
E poi: quale mondo sta finendo?
In Uno spettacolo di fantascienza una rompighiaccio è diretta al Polo Sud, i trichechi rotolano giù dalle rocce e l’asse del mondo si sposta, la Terra si crepa nel mezzo eppure il fuoco è su altro, a crollare sono i tasselli delle nostre identità.
Per comunicare noi stessi siamo costretti a scegliere, più o meno consapevolmente, i segni che vanno a comporre le nostre caratteristiche.
Può sembrare filosofico, in realtà è molto concreto perché, queste distratte adesioni influenzano anche il taglio dei nostri capelli, il modo in cui ci vestiamo o persino la nostra gestualità.
Cosa accadrebbe, dunque, se provassimo a spostare il punto di vista comune rispetto alle faccende che riteniamo più ovvie?
Se togliessimo, strato dopo strato, tutti i segni che ci raccontano, cosa rimarrebbe? Forse si potrebbe avvertire un vago senso di minaccia, perché il rischio è che possa rimanere davvero poco di quel che siamo.
Così Uno spettacolo di fantascienza, che della fantascienza ha la surrealtà e la prossimità col reale, è una drammaturgia in cui cambia bruscamente il linguaggio, perché anche la scrittura segue regole e convezioni.
È impossibile conservare una forma definitiva, forse possiamo solo prendere consapevolezza e restare in ascolto di noi stessi.
testo e regia Liv Ferracchiati
con (in ordine alfabetico) Andrea Cosentino, Liv Ferracchiati e Petra Valentini
aiuto regia Anna Zanetti
dramaturg di scena Giulio Sonno
scene e costumi Lucia Menegazzo
disegno luci Lucio Diana
suono Giacomo Agnifili
lettore collaboratore Emilia Soldati
realizzazione costumi in collaborazione con Sartoria Teatro delle Muse
Liv Ferracchiati
Liv Ferracchiati è un autore e regista italiano. Debutta nel 2013 con la sua prima scrittura e regia, Pulp Hamlet. Nel 2015 fonda la compagnia teatrale The Baby Walk e inizia a scrivere e dirigere la Trilogia dell’identità, sui temi transgender: Peter Pan guarda sotto le gonne (Capitolo I) (spettacolo premiato al Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro), Stabat Mater (Capitolo II, 2017) con cui vince il Premio Hystrio Nuove scritture di Scena 2017, Un eschimese in Amazzonia (Capitolo III), vincitore del Premio Scenario 2017. Alla Biennale di Teatro 2020, una menzione speciale è stata attribuita dalla giuria a La tragedia è finita, Platonov, sua riscrittura dell’omonimo testo di Anton Cechov. È tra gli autori selezionati a partecipare all’edizione speciale École des Maîtres 2020, dedicata ai drammaturghi europei.
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione 2022 con Uno spettacolo di fantascienza
Cuckoo
Cuckoo è una performance dell’artista sudcoreano Jaha Koo, un viaggio nella storia della Corea degli ultimi 20 anni.
Jaha Koo ce la racconta ironicamente assieme a una batteria di piccole cuociriso inclini alla conversazione.
Tutto inizia un giorno, quando Jaha Koo percepisce un forte senso di isolamento nel momento in cui la sua personale cuoci-riso elettrica gli comunica che il suo pasto è pronto.
Golibmuwon (고립무원) è una parola coreana intraducibile che esprime la sensazione di disarmante isolamento che caratterizza la vita di molti giovani coreani oggi.
Venti anni fa la Corea del Sud ha dovuto affrontare una grande crisi economica, paragonabile al crollo finanziario del 2008 che ha colpito gli Stati Uniti e l’Europa meridionale.
La crisi ha avuto un enorme impatto sulle nuove generazioni come Jaha Koo.
L’artista è stato testimone di molti problemi endemici come la disoccupazione giovanile e una forte disuguaglianza socio-economica.
L’aumento dei tassi di suicidio, l’isolamento, una forte tendenza alla reclusione sociale, l’ossessione per l’aspetto esteriore sono solo alcuni dei sintomi di questo disagio.
Con dialoghi agrodolci e pieni di umorismo, Jaha e le sue cuociriso intelligenti ripercorrono gli ultimi 20 anni di storia coreana, combinando esperienze personali ed eventi politici, riflessioni sulla felicità, le crisi economiche e la morte.
ideazione, testo, regia, musica e video Jaha Koo
performer Jaha Koo, Hana, Duri & Seri
programmazione dei Cuckoo Idella Craddock
scenografia e supporto digitale Eunkyung Jeong
consulenza drammaturgica Dries Douibi
produzione Kunstenwerkplaats Pianofabriek Executive
produttore CAMPO
coproduzione Bâtard Festival
con il supporto di STUK, BUDA, DAS Theatre, SFAC & Noorderzon / Grand Theatre Groningen With the financial support of Vlaamse Gemeenschapscommissie
Lolling and Rolling
In Lolling and Rolling, Jaha Koo partendo dal fenomeno della “tonguetie surgery”, un’operazione chirurgica (legamento della lingua) praticata in Corea del Sud per permettere di pronunciare in inglese la “r” sulla punta della lingua, affronta il controverso tema dell’imperialismo linguistico nel paese natale dell’artista.
Lo spettacolo evidenzia l’aspetto più ampio che lo accompagna, ovvero quello di mettere a tacere, attraverso un dilagante processo di occidentalizzazione, coloro che sono in una condizione di subalternità e di minoranza.
Poiché la negazione e la svalutazione di una lingua portano alla perdita di identità di un popolo, le minoranze si trovano così ad essere colonizzate non solo linguisticamente ma anche culturalmente.
ideazione, testo, regia, musica, video e performance Jaha Koo
drammaturgia Dries Douibi
scenografia Eunkyung Jeong
consulenza artistica Pol Heyvaert
produzione OFFICENEINOFFICE
produttore esecutivo 2021 CAMPO
coproduzione Kunstenfestivaldesarts
supporto DAS Theatre
Jaha Koo
Jaha Koo è un performer e compositore sud-coreano di base a Ghent. La sua pratica artistica multidisciplinare intreccia creazioni musicali, video, testi e installazioni da lui realizzate.
Performance e spettacoli tessono insieme politica, storia e racconto autobiografico, Koo costruisce un universo che tenta di rompere con la tradizione e le censure imposte dallo strapotere del canone occidentale.
Il tragico impatto del passato sulle vite si rivela anche nelle crepe del confucianesimo moderno, ideologia che continua a definire il sistema morale del paese, il modo di vivere e le relazioni sociali tra le generazioni nella Corea del Sud
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione 2022 con Lolling and Rolling e Cuckoo
Piano solo Corpo solo
Piano Solo Corpo Solo, spettacolo ospitato in residenza a Villa Nappi nel 2021, è una performance/concerto profondamente legata al nostro tempo, al tempo della nostra relazione con l’altro e del nostro isolamento.
C’è una nostalgia dell’altro. Un tentativo di ricostruzione di un’assenza attraverso un gioco con qualcosa che si sottrae.
E il ricordo dell’esperienza costruisce i segni di un rituale, di una cerimonia in cui il proprio gesto si origina nella scomparsa di sè nell’altro.
Così, nell’immediatezza della relazione si incontrano e scontrano in brevi forme di ribellione le intime ricerche di due solitudini: Piano Solo – i brani composti e suonati dal vivo da Simone Graziano per pianoforte a coda preparato (dall’album Embracing the future), e Corpo Solo – la composizione coreografica della straordinaria Claudia Caldarano.
Il suono e il movimento si fanno emotività, tattilità, visione ed espressione di moti interiori che cercano di liberarsi.
coreografia e danza Claudia Caldarano
composizione e esecuzione musicale Simone Graziano
consulenza drammaturgica Alessandro Brucioni
produzione mo-wan teatro
coproduzione nòva
in collaborazione con Associazione 4’33’’ direzione Matteo Gabutti
con il sostegno delle residenze creative Armunia e Inteatro
e degli spazi di prova Atelier delle Arti e Goldoni
selezionato NID Platform OpenStudios 2021
promosso nell’ambito del progetto Gap! Change! Now! Projects for the next dance generation – Movimento Danza 2018/2021 in collaborazione con il Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
La musica è tratta dal disco del magazine newyorchese “The New York City Jazz Records”.
Claudia Caldarano
Claudia Caldarano è coreografa, regista, attrice e danzatrice.
Si diploma come attrice alla Paolo Grassi (2010), e in “Incisione Grafica d’Arte” al Bisonte (2017). Frequenta la Biennale College Danza (2013 e 2015) e il corso di “Assistente Coreografo” con Micha e Marina Van Hoecke (2006).
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione 2022 con Piano solo Corpo solo
Tredicesima generazione. Rito di passaggio per gente di passaggio
Tredicesima Generazione è un progetto artistico che prende vita dalla collaborazione tra il collettivo Hardchitepture e il danzatore Ludovico Paladini.
Attraverso questo lavoro site-specific, gli artisti ci offrono una diversa visione dello spazio rituale contemporaneo mediata dal processo stesso del fare artistico e da una profonda riflessione sul nostro essere ospiti nel mondo.
Tradizioni distanti nel tempo, processioni religiose antiche e moderne, riti sociali non scritti si fonderanno in un unico rituale che ha il sapore di un monito per noi esseri terreni che siamo solo di passaggio.
Un corpo viene modellato con forme ingombranti e materiali in eccesso per divenire “l’essere del futuro”, colui che porta sulle sue spalle il peso della contemporaneità, delle nostre culture e dei nostri errori.
concept Ludovico Paladini e Hardchitepture (Andrea Luzi, Lorenzo Conforti, Vittorio Zeppillo)
performance e coreografia Ludovico Paladini
scenografia Hardchitepture
musiche di Foxconn Suicide, Alessandro Biselli, Mirco Ercoli
Hardchitepture
Hardchitepture è un progetto di writing installativo nato nel 2019 ad opera di Lorenzo Conforti, Andrea Luzi e Vittorio Zeppillo. Ispirati dalla retorica della discarica, ne ricavano un interesse per la sovrabbondanza, gli spazi marginali diventano scenografie e i materiali abbandonati ne fanno da scheletro. Il progredire di queste azioni si è fatto tale da spostare l’attenzione dal prodotto al produttore del degrado: la società con le sue ipocrisie diventa essa stessa luogo di sperimentazione. Esaltando la fatiscenza della civiltà attraverso i suoi prodotti di scarto, vengono abbattuti i confini di una banale estetica, che sovverte e altera i termini dell’obsolescenza
Partecipa a Inteatro Festival nell’edizione 2022 con Tredicesima generazione. Rito di passaggio per gente di passaggio