Il corrosivo regista ungherese, Lazslo Hudi, scarnifica la storia e Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov fino a riscoprirne la struggente umanità. Lo spettacolo si apre sulla scena finale della partenza. I personaggi si aggirano nudi fra valigie ammonticchiate. Come sulla loro fragile vita si è abbattuta l’ascia di un destino avverso, così loro stessi abbattono asce su rami di ciliegio, con un gesto lento e rituale.
Il tempo scivola sul fondo del piccolo teatrino in una successione di foto ingiallite. Il frastuono del trenoinvade e travolge questa piccola scatola nera da dove sorgono i fantasmi del passato, le angosce per un mondo futuro, incomprensibile e minaccioso.
Botole, come vortici che risucchiano le memorie, casse di legno come bare che non si riesce a chiudere… questo Giardino dei ciliegi di Moving House è, nella sua disperata lucidità, una versione fedelissima dell’essenza del testo cechoviano.