Nel 2012, alcuni abitanti di Ceuta (città autonoma spagnola situata nel Nord del Marocco) abbandonarono le loro famiglie per andare in Siria. Nelle settimane che trascorsero tra la Turchia e Damasco chiamarono regolarmente i loro familiari. La polizia spagnola intercettò le loro conversazioni e questo materiale entrò a far parte del dossier presentato al processo che ebbe luogo successivamente a Madrid. Come conseguenza vennero condannate undici persone per appartenenza ad una rete di reclutamento dello Stato Islamico. Fu il primo processo svoltosi in Spagna contro fondamentalisti del Daesh. Il regista è entrato in possesso di questo immenso materiale di circa 12.000 pagine fatto di trascrizioni delle intercettazioni, pagine web, profili facebook visitati dalle persone incriminate, ma anche dei verdetti dei giudici e delle accuse degli avvocati.
“All’inizio” racconta Bernat, “venni spinto da una grande curiosità. Poi cercai di capire quale fosse la motivazione di queste persone cresciute in Spagna. L’interesse è stato quello di cercare di entrare nei discorsi di questi giovani e dei loro familiari, specialmente delle loro mogli rimaste a confrontarsi con la realtà quotidiana di un quartiere popolare di Ceuta, usando le loro parole per avere una testimonianza diretta non veicolata dai media e dalle interpretazioni che vengono date al fenomeno. In questo caso è stato possibile avere accesso alle fonti senza alcuna mediazione”.
Lo spettacolo costruisce un dispositivo scenico visivo e sonoro che permette allo spettatore di districarsi nella molteplicità di voci e di fonti che si sovrappongono. Nell’impossibilità di accedere a tutti i materiali il pubblico è chiamato a prendere parte, a costruire una propria opinione scegliendo quale punto di vista seguire.