In Joseph in scena c’è uomo, solo, di spalle al pubblico per l’intera durata della sua performance, mentre cerca la sua immagine in tutto ciò che il suo sguardo tocca. L’autore della performance prende in prestito il nome da colui che assume su di sé la paternità dell’uomo che nasconde il divino, ma non ci è dato sapere chi sia Joseph, ne dove sia. Non sappiamo se si tratti dell’uomo che vediamo in scena oppure di uno di quegli occhi sconosciuti capitati per caso all’interno del sistema rappresentativo. Il solo perde la sua connotazione di evento performato da un esecutore unico e si riempie di sguardi meravigliati, deformati, raddoppiati e amplificati, di corpi esposti e pronti all’esposizione, là fuori, chissà dove, dall’altra parte del mondo, ma nel medesimo istante. Fiat lux: come per il cilindro del prestigiatore, al quale si conferisca l’autorità di generare conigli bianchi.